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Vora Foresta, Supersano

Il suono di un oggetto metallico, appuntito, che si abbatte con violenza contro la roccia…è questa la giusta sintesi di quel rumore insistente che si fa spazio con prepotenza in tutta la vallata; un eco che si espande in lungo e il largo con l’unico obiettivo di essere udito da tutti. Il messaggio che porta con sè  cela, in effetti, una certa importanza. Da li a breve le cose non saranno più così come tutti sono ormai abituati ad immaginarle. Il paesaggio, quello splendido paesaggio vista lago che fa il bello e il cattivo tempo per gli abitanti di Sombrino, presto, non sarà più lo stesso.

Qualcuno ritiene già di aver capito quello che accadrà a breve e cerca di farsi ragione, quasi con prepotenza, tra i suoi compaesani. Non capita tutti i giorni di poter essere visto come colui che lo aveva detto a tutti prima degli altri. Eh si. Una di quelle occasioni che capitano una manciate di volte nella vita. Eppure sarebbe stato sufficiente essere aggiornati con le notizie di attualità e aver l’orecchio fino per giungere alla medesima conclusione…si dice in giro, infatti, che Giuseppe Manni sia stato avvistato in paese in settimana, e questo vuol dire solo una cosa: il lago Sombrino…scomparirà!

Siamo nel 1858 e Giuseppe Manni, famoso pozzaro di Soleto, ha da poco proposto al signor Raffaele Garzya di Maglie, proprietario della masseria Padula, di bonificare il lago Sombrino, in realtà un enorme zona paludosa di 70 ettari accerchiata dalle masserie Palazze, Mendole, Chiesa, Stanzìe, Padula, Macrì e  Pagliare, con una soluzione in grado di porre fine ai malsani miasmi che attanagliavano da tempo immemore gli abitanti della zona: scavare una voragine traendo ispirazione dalla Vora di Coelimanna, non distante dall’omonima cripta bizantina, al fine di farvi confluire al suo interno le acque dell’enorme bacino per farle ingoiare dal sottosuolo, avido del prezioso fluido. Avrebbe a breve creato quella che oggi conosciamo con il nome di “Vora Foresta”.

Cunicolo orizzontale di Vora Foresta

Cunicolo orizzontale di Vora Foresta

Le modalità di realizzazione dell’opera di prosciugamento sono descritte in dettaglio dal De Giorgi nella sua “Descrizione fisica geologica e idrografica della Provincia di Lecce”:

Lo scavo di questo pozzo meraviglioso fu compiuto da un tal Giuseppe Manni, pozzaro di Soleto. Questi, espertissimo nell’arte sua, e guidato dalla sola fiaccola dell’esperienza (avendone fatto degli altri in altre contrade della Terra d’Otranto), propose nel 1858 al signor Raffaele Garzya di Maglie, proprietario di quello stagno, il prosciugamento di tutta la palude con due soli pozzi assorbenti. Accettata la proposta, egli si accinse all’opera.

Lo stagno resta a piè di una collina poco elevata, che continua, diretta da N.W. al S.E. verso Ruffano. Quivi, presso Supersano, egli osservò una voragine naturale, alle falde della Serra fra la Chiesa di Celimanna e la Masseria Pizzofalcone, la quale inghiottiva tutte le piovane che cadevano sul territorio di Supersano fino alla contrada Belvedere. Dopo averla esaminata attentamente, riconobbe che le acque si perdevano nel calcare compatto; e cercò di riprodurre un simile capovento a breve distanza da quello, e a ponente della Masseria che ancora conserva il nome di Padula.

Solo, armato di piccone, cominciò a scavare da prima un pozzo verticale nel sabbione che ricopre le falde orientali della collina di Supersano, fino ai due terzi della sua altezza. E discese in tal modo per oltre 100 metri di profondità, fino a raggiungere gli strati molto inclinati all’orizzonte del calcare compatto. Proseguì il taglio anche in questo pel corso di tre anni, finché raggiunse una grotta sotterranea colle pareti coperte di bellissime stalattiti. Dai crepacci delle pareti e dal fondo di questa caverna sentì uscire un forte vento; egli avea quindi raggiunto il capovento, ossia il pozzo assorbente.

Allora perforò due altri pozzi verticali allineati in direzione della palude, fino a raggiungere il livello della parte più depressa della medesima; ed a questo livello scavò una galleria orizzontale col piano inclinato verso la bocca del pozzo assorbente e della larghezza media di m. 1,50 per 2 di altezza, e m. 66,80 di lunghezza. Fece poi la canalizzazione esterna; e al Nord di questo scavò un secondo pozzo nel monte. Così tutto il fondo di quella palude fu ridonato all’agricoltura, e Supersano potè veder giustificato il suo nome, che fino a quel tempo era stato un’amara ironia!”.

67 sono i metri di profondità raggiunta dal pozzo maggiore all’interno della voragine, e altrettanti i metri che compongono la galleria orizzontale che a sua volta intercetta, nel punto di intersezione con il pozzo, un ambiente di forma ellissoidale, probabilmente naturale. Immediamente a nord della galleria il secondo pozzo scavato dal “leggendario” pozzaro, parzialmente modificato dal Consorzio di Bonifica Ugento Li Foggi negli anni 70 del secolo scorso. Un’opera eccezionale, degna anche della visita della Commissione giudicatrice del Concorso internazionale di macchine idrovore e motori a vento, tenutosi a Lecce dal dal 15 ottobre al 15 novembre 1885.

Pozzo terminale di Vora Foresta

Pozzo terminale di Vora Foresta

ll prosciugamento del Lago Sombrino rappresenta uno dei primi tentativi documentati di sistemazione idraulica di un’area relativamente lontana dalla costa, attraverso la dispersione in profondità delle acque  superficiali. Negli anni successivi interventi di questo tipo si moltiplicheranno su tutto il territorio provinciale. Il lungo e capillare viaggio nei territori della provincia di Terra d’Otranto da parte di Cosimo De Giorgi era finalizzato, tra le altre cose, alla realizzazione di una carta Geologica e Idrogeologica del territorio, e l’identificazione delle “piaghe” da combattere per risollevare la situazione economica del Mezzogiorno con la riabilitazione agricola di area a lungo dominate da acquitrini e paludi.

Gaetano Brunetti, presidente della provincia, si battè da deputato nel Parlamento per raggiungere questo obiettivo adducendo motivi di salute pubblica e di interesse dei Comuni ad avere più terre coltivabili, la camera nel 1882 varò la legge Baccarini, con l’aggiunta di un’altra più esplicativa tre anni dopo. Vennero identificati gli interventi da applicare da parte del governo, anche se non era rara la partecipazione alle operazioni di bonifica anche da parte di privati con particolari interessi a riqualificare un’area.

Ciò che resta oggi di questa imponente opera di ingegneria idraulica, stimolata e partorita da una geniale intuizione presa in prestito dalla natura, da una mente vista ed osservatrice, è solo un ampio antro dall’ingresso dominato da un imponente albero di fico le cui radici sa ramificano fino in profondità del lungo cunicolo orizzontale alla ricerca di acqua, infestata da ratti di grosse dimensioni e totalmente dimenticata dalla memoria collettiva di una comunità che grazie a lei ha beneficiato di aria salubre per diverse generazioni.

Marco Piccinni

BIBLIOGRAFIA:

-Gruppo Speleologico Leccese ‘Ndronico, a cura di, Guida Speleologico-Ambientale alle vore della provincia di Lecce

-Cosimo de Giorgi, Descrizione fisica geologica e idrografica della Provincia di Lecce, Centro di Studi Salentini

-Luigi Carducci, Storia del Salento, Congedo Editore

 


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