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EMIGRAZIONE. Dal “Va’ pensiero” alle “Voci Migranti”

TUGLIE (Le) – Sofferenza e sacrificio, ma anche gioie e soddisfazioni. Oltre che crescita individuale, cambiamento di status. Denominatore comune: l’ansia di riscatto sociale, di mostrare al mondo la dignità di uomini veri, con tutta la loro ricchezza interiore e professionale, nobiltà di cuore e bontà d’animo, desiderio di crescere e confrortarsi con altri mondi, realtà, civiltà, senza scordare le proprie radici e i topoi identitari.
E’ il feedback dell’emigrazione meridionale del secondo Novecento, pregna di interfacce, di una semantica plurale. Oggi, XXI secolo, ha cambiato modulazione sociologica: se ne vanno i “cervelli” dopo aver speso l’iradiddio per formarli, i figli e i nipoti di quegli emigranti che li fecero studiare con il loro sudore nei cantieri della Svizzera, le miniere del Belgio, le fattorie della Francia. Sono le contraddizioni inspiegabili della modernità “liquida”.  

Nel frattempo si storicizza l’emigrazione classica, valigia di cartone e peperoni sott’olio, quella dei padri e dei nonni, con pubblicazioni dense di pathos, veri e propri trattati di sociologia e di antropologia, dove si raccontano storie vere, si rivivono le esperienze, le partenze forzate da paesi che si spopolano perché poco e nulla hanno da offrire se non lavoro sfruttato e precario: le terre sono nelle mani degli agrari, che tirano le ossa di dosso ai poveri, lo sfruttamento è disumano: impossibile farsi una vita, una famiglia, realizzare i propri sogni, le speranze.
Corsi e ricorsi, come in un beffardo gioco dell’oca, oggi siamo tornati al punto di partenza, e siamo la speranza dei popoli in via di sviluppo.

Voci Migranti, presentazione

Voci Migranti, presentazione

“Voci Migranti”, a cura dell’Associazione Emigranti Tugliesi, Torgraf, Galatina 2017, pp. 128. euro 15,00 (prefazione di Daniela Daloiso, design e impaginazione di Igiemme srl, suggestivo apparato fotografico con foto inedite di Marcinelle), è una gallery di “esperienze di vita inscritte in una dimensione di unanità volenterosa, capace…” (il dantista Luigi Scorrano nella sapida introduzione) di un paese di 5mila anime a un passo dal mare di Gallipoli, con una sua identità definita e specificità uniche, sia culturali (il Museo della Radio unico nel Sud, il Museo della civiltà contadina) che economica e produttiva (aziende che fanno ottimo vino, olio prelibato, gelati deliziosi, ecc.).

Dal “Va’ pensiero” dell’esodo degli Ebrei in cerca della Terra Promessa, alle “voci” di dentro che – stimolate da Paola e Silvia Sperti e dell’Associazione culturale “Amici della Biblioteca” dove Franco Sperti ha messo su centinaia di titoli degli autori salentini – raccontano la parabola della loro vita, la decisione di emigrare, il ruolo delle Camere del Lavoro, le visite mediche rigorose, i “cestini” per il viaggio, i treni affollati, la difficoltà di inserimento, primo ostacolo la lingua, le baracche, la nuova socialità, le rimesse a casa, ma anche l’apprezzamento per un paese, la Svizzera, “corretta, pulita…” (Rocco Greco), “un paese di favola” (Cosimino Calò), per poi ammettere a se stessi che “non è stato doloroso vivere lì” (Luigi De Matteis), che “Ginevra è la città delle belle donne” (Cosimo Fedele), ma è da Berna che passano le più belle al mondo, e riconoscere che è stato “proficuo l’incontro con mentalità, lingua, e abitudini diverse…” (Giuseppe Giorgino, presidente dell’Associazione Emigranti Tugliesi).

Voci migranti

Voci migranti

Altre testimonianze: Ugo Toma, Pasquale Giorgino (“Con la mia cartellonistica è stata eletta la signora Merkel!”, e sono in produzione 300mila cartelloni per le elezioni tedesche in autunno), Carmelo Tuttolomondo, Antonio Barone, Anna Provenzano, Crocefisso Pezzulla, Maria Coltura Latino, Tommaso De Mitri, Antonietta Calò, Paolo Carluccio, Mario Cataldi, Luigi Provenzano (“Lo stadio di Berna lo abbiamo fatto noi per gli Europei di calcio”), Cosimo Damiano Danieli, Giuliano Gianfreda, Claudio Guerriero, Giuseppe Longo, Giuseppe Cataldi, Antonia Solida, Raffaele Toma, Nunzio Toma, Cosimo Calò, Colturo Ferrari, Assunta Stamerra, Rosaria Notaro, Fernando Falco, Samuele Lotti, Giuseppe Messina, Carmela De Pascalis, Luigi Pispico, Cosimo Notaro, Giuseppa Tramacere, Giuseppe Cataldi, Antonia Solida e le esperienze/riconoscimenti di Cosimo Stamerra, Luigi Ruggero Cataldi, Fernando Falco, Giuseppe Annino, Maria Coltura Latino, Tommaso De Mitri, Antonietta Calò, Cosimo Calò, Tommaso Calò, Michele Calò.          

Un fenomeno, s’è detto, a più facce: se Tuglie nell’altro secolo s’è svuotata, oggi è la Terra Promessa per la famiglia Domi, albanesi giunti nell’esodo del 1991, Vlora, che nutrono però strane nostalgie (“Quando c’era il comunismo là era tranquillo, tutto il paese verde, pulito, pulitissimo…”), i rumeni Constantin Grigoroi che qui ha fatto della passione per i cavalli un lavoro e Elena Ionasc che ha messo su famiglia sposando Luigi Scorrano (tre magnifici figli),  ma se vogliamo anche matrigna per  i cosiddetti “cervelli in fuga”, a cui stava stretta e che si sono realizzati lontano: Giuseppe Annino (ricercatore CNR), Ludovica Melica (“A Londra mi hanno fatto un contratto a tempo determinato…”), Antonio Montefusco, consulente di case editrici fra Roma, la Francia e la Germania (”ho potuto rendermi conto dell’ammirazione  per il nostro paese…”),  Antonio Fattizzo, capo ricevimento in una catena di hotel, a Berlino ha aperto un locale, il “Caligiuri”, Adreas De Blasi, Claudia Mele con i suoi fiorellini di zucchero.      

Il libro è stato presentato al Museo della Civiltà Contadina (e migliore location non si poteva trovare a rievocare quel passato da cui si fuggì per poi tornare e risintonizzarsi con l’anima  contadina, ma senza più l’incubo del domani) in una serata molto intensa, con il prof. Scorrano, Enzo Pagliara (che firma un interessante saggio su Tuglie al momento dell’esodo), Giuseppe Fedele (fotografato con Pertini), che ha ricordato che le rimesse degli emigranti permisero la lottizzazione di 40 ettari di suoli per le case degli emigranti.  

Francesco Greco


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