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I coralli di Castro

Guarda sempre dove metti i piedi!” Una frase che riecheggia come un mantra tra le pareti della scatola cranica di ogni bambino che si appresta a muovere i suoi primi passi in un mondo a tratti incerto, spesso privo di appigli, ma ricco di sensazioni da esplorare, di luoghi da raggiungere, di mete da consumare.

Un principio che bisognerebbe tenere sempre a mente anche dopo che si è imparato a padroneggiare la deambulazione in tutte le sue forme e modalità. Perché è proprio sotto i nostri piedi che, spesso, si nascondono le tracce di un passato che non vuole farsi dimenticare, che vuole cercare di riemergere ancora una volta per poter dire a tutto il mondo, e a gran voce, “io c’ero! E vi racconterò come sono andate le cose!”

Scegliamo un luogo a caso, la grotta Zinzulusa, battuta ogni giorno, soprattutto nei mesi estivi, da migliaia di visitatori che, attratti dagli zzinzuli  che “svolazzano” al vento in un contesto di pietra, dalle eccezionali concrezioni che ne adornano gli ambienti e da un ingresso mozzafiato sul mare, spesso si dimenticano di guardare con attenzione la roccia che calpestano, gli scogli sui quali si muovono con cautela per non rischiare di cadere. Eppure è li, in quegli scogli, che il passato torna a parlarci.

Piccoli fori e striature delle roccia, ossia ciò che “resta” di una barriera corallina risalente all’Oligocene. Imponenti strati di calcare caratterizzati dalla diffusa presenza di colonie fossili di coralli, alcune in posizioni di vita, altre strappate dal moto ondoso in corrispondenza del fronte della scogliera.

Fossili di Coralli, Castro

Fossili di Coralli, Castro

Nell’era cenozoica le scogliere a coralli erano molto diffuse nel Mediterraneo. Lungo la scarpata che oggi costituisce la costa tra Santa Cesarea Terme e Santa Maria di Leuca è possibile osservare due unità sedimentarie cenozoiche sovrapposte accumulatesi, in periodi diversi, in ambiente di scogliera. I due corpi sono accresciuti, l’uno durante l’Oligocene i cui depositi affiorano in maniera continua (Calcari di Castro), l’altro nel Miocene, più discontinui.

I coralli di Castro sono stati descritti per la prima volta negli anni ’90 del secolo scorso e catalogati in almeno 30 specie coloniali differenti che si articolano su un deposito il cui spessore è variabile da pochi metri nella parte più interna (verso terra) fino ad un massimo di circa 100 m nelle aree prossime al mare aperto. A questi erano associate anche una moderato numero di alghe incrostanti.

Tra i calcari delle alte falesie che ospitano ancora i resti mortali di questi coralli, ai quali è stato destinato un trattamento di favore che ha permesso loro di preservare, almeno in parte, le caratteristiche strutturali che possedevano in vita, si sono sviluppate poi nel corso dei millenni alcune cavità carsiche, ambienti di grandi dimensioni ad unica camera, contraddistinte da depositi di terre brune e rosse tipiche dei periodi freddi e caldi che si sono intervallati nel corso delle differenti ere geologiche.

Grotta delle Striare, Aigor, Romanelli, Zinzulusa, Giustino sono solo alcune delle grotte che fanno compagnia a questi coralli. Ce ne sono molte altre, che se stanno in silenzio senza nemmeno avere l’onore di poter essere chiamate per nome. Non ne hanno, infatti, per lo meno non sulla carta, come quei coralli che se ne stanno li ammutoliti, sperando che qualcuno possa posare su di loro lo sguardo, anche solo per un po’.

Una delle grotte sulla scogliera di Coralli, Castro

Una delle grotte sulla scogliera di Coralli, Castro

 Marco Piccinni

NOTA: Le informazioni tecniche utilizzate per la scrittura di questo articolo sono tratte dal sito geositidipuglia.eu.


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