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Liberato, l’anima più pura e nobile della civiltà contadina

TIGGIANO (Le) – E’ nata una star della musica e della cultura popolare. Si chiama Liberato Ricchiuto e ha quasi 90 anni. Vive a Tiggiano, con la moglie Luigia Capece: dal loro matrimonio felice sono nati quattro figli. Il paese gli vuol bene perché con i suoi canti, le serenate, i culacchi porta allegria, scaccia la tristezza della vita, contagia un po’ di speranza nel futuro.
Liberato è un personaggio che non si può descrivere, bisogna conoscerlo: è l’anima più nobile, vera e profonda dell’antica Messapia. Da bambino dell’altro secolo, quando il pane era amaro e la terra “vascia” (come oggi: corsi e ricorsi), escogitò un espediente per poter mangiare la carne dei galletti che suo padre allevava e sotto le feste regalava ai potenti del paese (il medico condotto, la guardia municipale): lo ammazzava conficcandogli uno spillo in testa.

Avesse potuto studiare la musica, recitazione, darsi un metodo, oggi sarebbe famoso anche oltre i confini del Capo di Leuca. Ma forse è stato meglio così, perché ha conservato quell’istinto puro e quella sincerità naturale che non si impara a nessuna scuola, per cui gli viene spontaneo impadronirsi della scena in qualunque situazione si trovi e cantare le sue canzoni della memoria contadina, di lavoro, d’amore, di fede, di vita vissuta: tutto quel sottosuolo, quel patrimonio del mondo e la civiltà di ieri che compongono la nostra identità e che troppo facilmente abbiamo sepolto e che ora riemerge prepotente, anche grazie a cantori e poeti come Liberato, che conosce mille e più canzoni e “cunti” ed è abile nell’inventare lì per lì gli stornelli e i brindisi durante le cerimonie, le ricorrenze, le feste.

Ma è famoso anche per le serenate: in tutti i paesi del “Capo”, in gruppo da giovane le faceva alla moglie, poi hanno cominciato a chiamarlo quando un innamorato voleva intenerire il cuore della ragazza di cui si era invaghito: sotto le sue finestre inventava dolci stornelli d’amore (il vino aiutava molto l’ispirazione) che conquistavano il cuore della bella e quasi sempre le nozze erano cosa fatta.

Liberato è instancabile, ha una verve genuina travolgente, un’energia senza confini, una creatività scintillante. E’ una miniera di invenzioni, uno scrigno di tesori. Alla presentazione di “CantiCunti” (Una ricerca antropologica a Tiggiano nel Salento), ottimo lavoro di Ornella Ricchiuto (Liquilab Editore, 2017), ben organizzata dalla Pro-Loco, seduto in prima fila, a un certo punto si è annoiato di ascoltare i relatori: voleva cantare, ballare, suonare l’armonica: ha preso in mano lo spettacolo rubando la scena a professionisti navigati come Anna Cinzia Villani, che da artista intelligente ha capito che non poteva contenerlo e lo ha assecondato: ne è uscito qualcosa di raro e prezioso, di unico, che rimarrà a lungo nella memoria del paese.

Commosso, il pubblico ha applaudito a lungo. La serata densa di magia e di poesia, è finita davanti a un pezzo di torta alle “pestanache” (opera deliziosa delle ragazze e delle signore della Pro-Loco) e un bicchiere di vino nero. E anche lì il trascinatore ha continuato a inventare i suoi stornelli, i brindisi, le vecchie canzoni del Novecento contadino (“Quannu u ceddhu pizzica la fica…”).

Nel libro racconta la sua storia (“i sacrifici mei sono stati pesanti però grazie a Dio…”). Famiglia povera, che vive del lavoro della terra, lui era il più discolo, il fidanzamento con Luigia (“simu stati sempre puliti”) che ha 19 anni (lui 22), le famiglie contrarie (“Aru sta stu cazzu de limone?”), il matrimonio, tre figli (Antonio, Ippazio, Salvatore), il tabacco coltivato, nel ’77, nel Tarantino (“i filari de tabbaccu erene erti…”, “daccquamu 600 metri de rudde…”), l’emigrazione in Germania (“ho fatto tutti i mestieri”), le case ai figli mentre lui ebbe solo “una stanza sotto e una sopra vicino la chiesa vecchia” (“oggi non si può fabbricare, ci vuole un mondo di soldi”). Ricorda quando “u municeddhu (folletto sospettoso)… se mpacò” alle catene della capra e la pecora che tiravano e una Fera de Santu Pati (19 gennaio) con la neve: deve essere stata incantevole, da fiaba.

Lunga vita al grande Liberato, il cuore più vivo e vero della nostra terra, che ancora per altri anni darà a tutti noi gioia, allegria, poesia.

Francesco Greco


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