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TREND. Novaglie, quelli del mare d’inverno

E poi ci sono quelli del mare d’inverno. Quelli che è estate tutto l’anno, che a Natale fanno il bagno prima del pranzo e a Capodanno brindano alzando la flute di spumante nello specchio d’acqua fra il “Canaleddu” e la “Grotta Verde” e “Lo Scalo” e poi vanno al cenone.

Qualcuno si chiederà: possibile? Niente raffreddori, reumatismi, bronchiti, polmoniti? Assolutamente no. Anzi, si campa vecchi. E’ un trend che una community di audaci di Alessano, Montesardo, Corsano (a cui la domenica si aggiungono anche le ragazze) ha inventato 25 anni fa e che ogni giorno conquista nuovi seguaci.

Uno dei primi a tuffarsi a dicembre fu Federico Bello, che è morto a 89 anni facendo il bagno a Novaglie (Adriatico meridionale) estate e inverno. Oggi lo fanno tutti i giorni dell’anno Trifone Bello (fratello di don Tonino), Carlo Nuzzo, Antonio Marsigliante, Luciano Marsigliante, Mimmo Toma, Antonio Amico, Luigi Russo, Donato Cera, Mini Cera, Diego Colaci, Guido Colaci, Daniele Piscopello, e molte donne.   

Ma qual è il segreto dei tuffi fuori stagione?

Nando Milello è un bravissimo, apprezzato tipografo (Alessano ha un’antica tradizione dell’arte del bodoni e metropole) e da due decenni ormai è un appassionato di questa tendenza: “Con un brivido di piacere, ma non certo di freddo, il bagnante d’inverno misura fin dal primo mattino le condizioni del mare e del tempo. C’è il sole, chiaro e luminoso, certo il sole d’inverno, magari spolverato da una tramontana forte che spazza via ogni nuvola, stratificazione o velatura. La temperatura dell’aria può anche essere bassa, mitigata come avviene nelle città e nei paesi bagnati dal mare, ma sempre bassa, magari intorno ai tre, quattro, cinque gradi, ma che importa?”.

DOMANDA: Già, per noi comuni mortali sarebbe l’ideale per tendere le mani aperte dinanzi al fuoco, voi, invece…

RISPOSTA: “La condizione essenziale è che brilli il sole, che il bagnante, che mai si chiamerebbe così e che mai parteciperebbe a un cimento di quelli che finiscono in tv con quelle orde di anziani e piccoli elettrizzati da un rapido tuffo collettivo, possa avvicinarsi al mare in condizione di protezione del vento là dove, al riparo, la temperatura sale di molto, anche fino ai 15/20 gradi, là dove puoi stare impunemente in costume da bagno. I comuni mortali ti sbirciano dall’alto, dalla passeggiata a mare, stracoperti con i piumini o piumoni, stracarichi di guanti, sciarpe e cappelli”.

D. Ma con questa frequentazione full time avvertite benefici, fisici e mentali?

R. “Sfortunati quelli che non sanno quali benefici effetti di micro clima può provocare il sole, più il mare, più il riparo degli scogli o di una paratia di cabina ben orientata sul sole e sul vento. Pochi lo sanno che il mare d’inverno diventa una libidine quasi segreta.

Lo sanno in pochi che si può entrare in acqua anche quando il termometro sta su quei livelli bassi”.

D.: In questi anni il gruppo è andato aumentando…

R. “Così si formano le piccole tribù degli invernali, denominati brutalmente in questo modo con un pizzico di distanza dai comuni frequentatori di spiagge, piscine e bagni al caldo dell’estate o delle stagioni più miti”.

D. Quasi un nuova specie antropologica, quindi?

R. “Gli invernali diventano appunto una tribù, una specie di riserva indiana, di numero ridotto, ma in progressivo aumento, quasi una tendenza, che parla il suo linguaggio e interpreta il mare, il cielo, il sole, il vento con i suoi criteri, tutti finalizzati allo scopo-chiave: quello di tuffarsi in mare, di sfidare il freddo dell’aria e quello dell’acqua, le temperature basse che diventano non solo una scommessa, ma una prova che attesta uno stato di benessere profondo, quasi una dipendenza, come quella che il movimento del nuoto, dell’immersione scatena muovendo le endorfine del cervello”.

D. Dopo questo articolo forse gli “invernali” aumenteranno…

R. “Se provi, se incominci, se continui a farlo, l’invernale, allora non ne puoi più fare a meno, non rinunceresti più e pur di correre a tuffarti, pur di consumare la tua sfida, dribbli qualsiasi impegno, posticipi qualsiasi incontro, rivoluzioni agende di lavoro”.

D. Una filosofia ricca di semantica, ancora tutta da esplorare, allora…

R. “L’appuntamento con il mare a quell’ora e in quelle condizioni favorevoli diventa una priorità, di salute, di testa, di tempo. Se c’è il sole, se il mare non è burrascoso, perché rinunciare?”.

D. Che si rifà alle filosofie orientali, meditazione, autocontrollo del corpo e della mente, autostima…

R. “Questo è lo stato d’animo, la spinta vitale, quello che trasforma il pigro nuotatore estivo, il bagnante riluttante della bella stagione, in un vero invernale, una rivoluzione a 360 gradi dell’approccio al mare, un nuovo rapporto tra il tuo corpo, l’acqua del mare, il sole diverso della stagione invernale, quello che ti incanti a guardare tra una bracciata e l’altra, molto più basso nel cielo, meno forte ma essenziale per il tuffo, la nuotata, una specie di altro mondo rispetto al sole estivo, il solleone piantato in alto a perpendicolo”.

D. Fra le righe par di leggere un po’ di schermo per il turista di agosto, grossolano, frettoloso, a cui sfuggono tutti questi aspetti terapeutici e poetici…

R. “Il sole sul mare d’inverno ti guarda con un’altra angolazione, non è distante, sembra che ti accompagni, mentre ti muovi nell’acqua, quando risbuchi dalle onde, quando acceleri il ritmo o quando freni, lasciandoti cullare dal respiro ampio del mare che non si ferma mai, d’estate come d’inverno, e che ti ha catturato, forse per sempre”.

D. Possiamo essere tutti degli “invernali” o è un’illusione?

R. “Al di là dell’incanto, ci vogliono le condizioni oggettive e soggettive per diventare un orso marino invernale, un nuotatore da freddo, ci vuole una vera e propria procedura d’ingresso in acqua e un codice di comportamento per entrare, uscire, per scaldarsi prima e, soprattutto, dopo”.

D. Un comune mortale come noi sarebbe spaventato dall’acqua fredda: quanti gradi ha quando arrivate una mattina di gennaio?

R. “La temperatura dell’acqua marina nella media dei nostri inverni può arrivare a un minimo di 10 e mezzo, undici gradi alle nostre latitudine e nel nostro Mediterraneo che è un mare caldo. Ci arriva, in genere tra gennaio e febbraio, con una discesa lenta, ma costante, determinata dalle condizioni climatiche generali, dalla pioggia, dalla neve, dalle tempeste, dalle correnti.

E’ scesa, quella temperatura marina, dai ventisei, ventisette dell’estate piena, quando molti bagnanti mostrano difficoltà a buttarsi in acqua, fino a quell’abisso vicino ai dieci gradi, costantemente o con sbalzi improvvisi”.

D. Ma la temperatura bassa dell’acqua non scoraggia gli “invernali”?

R. “Ovviamente la tribù controlla quella temperatura giorno per giorno e se la comunica come un dato essenziale, certo non determinante a entrare in acqua, perché questo non è il problema. In acqua si entra sempre, ovviamente se hai il cuore di farlo e se hai fatto una doverosa visita medica che ti ha considerato idoneo. Il tuo fisico, il tuo sistema cardio-circolatorio può sopportare lo sbalzo tra la tua temperatura corporea che è sui 36 gradi e quella dell’acqua che scende fino a undici, dieci?”.

D. Occorre essere atleti, sani e forti, ma anche un po’ filosofi?

R. “Se puoi entrare in acqua te lo dice la tua testa, ma prima deve avertelo assicurato un medico, e quando lo fai le tue condizioni generali devono essere buone, anche se esistono gli invernali esasperati che pretendono di curarsi il raffreddore incipiente con un tuffo. O ti passa o si aggrava, ti dicono i più cinici tra di loro, sfidando non solo il freddo dell’acqua, ma l’ipotesi di un raffreddamento più potente e più pericoloso”.

D. Insomma, ci vuole un fisico bestiale, lo diceva la canzone…

R. “Non ci vuole un fisico bestiale ma semplicemente normale. Le ore migliori per il tuffo sono ovviamente quelle centrali della giornata, quando il sole è più alto, anche se lo vedrai sempre basso sull’orizzonte rispetto ai tempi estivi e i suoi raggi arriveranno, da novembre fino a febbraio, almeno molto più trasversali”.

D. La tribù ha delle regole, ovvio…

R. “Esiste una regola ferrea per chi ne fa parte: ci si tuffa rigorosamente a corpo nudo, come d’ estate. L’unica tolleranza è quella di una cuffia per la testa, di quelle che si usano abitualmente in piscina. La funzione della cuffia è importante, perché protegge i centri recettori del freddo, che sono ovviamente in testa, sulle tempie in particolare, dove l’acqua gelida del mare d’inverno può martellare più insistentemente”.

D. L’autosuggestione, convincersi mentalmente che ce la puoi fare, è importante?

R. “Come si entra in acqua e come si esce, sopratutto sotto il profilo psicologico? L’entrata, il tuffo non ha regole precostituite, ma è consigliabile che sia rapido, senza indecisioni, che ovviamente non attanagliano chi ha deciso di buttarsi in mare con quelle temperature.

L’ingresso nelle onde è un po’ come immergersi in una apnea e non solo per chi si tuffa proprio sotto la superficie e nuota prima sott’acqua. I primi secondi dello sbalzo hanno comunque il loro effetto sulla respirazione che diventa molto più corta.

E’ ovvio: il corpo e il suo sistema si devono adattare al nuovo clima molto più rigido, i nostri regolatori interni cambiano la modulazione del battito cardiaco e sintonizzano tutto il sistema di circolazione con il nuovo ambiente. Ma è questione di secondi o, per i meno esperti o per quelli alle prime armi, di qualche minuto. Dopo, il ritmo del cuore e della respirazione ritornano normali, in assetto e si può nuotare tranquillamente”.

D. Altre regole nate dall’esperienza di questi anni?

R. “L’invernale esperto sa che da quel momento in poi è lui stesso a decidere quanto e come muoversi nell’acqua e sopratutto per quanto tempo. Esiste come un termometro interno che segnala un possibile disagio e quindi la necessità di uscire, ma abitualmente la tribù dei nuotatori a bassa temperatura sa che il limite viene dettato più da un ragionamento che dal senso del freddo”.

D. Nell’acqua si raggiunge una sorta di nirvana? 

R. “Raggiunto l’equilibrio, la sensazione di benessere, con il corpo disteso in un mare limpido, come in certe giornate di tramontana pulita, con la visione del fondo, dei pesci che nuotano a sciami colorati, alternata, con il panorama esterno, magari da una parte il sole raso all’orizzonte e dall’altro la costa, la spiaggia, gli scogli, è totalmente appagante!”.

D. Anche uscire dalle onde è un piccolo trauma che dona energia?

R. “L’uscita dal mare d’inverno è forse la sensazione più forte, la più soddisfacente, perché è in quel momento che la scarica di adrenalina raggiunge il suo massimo, si prova un senso di potenza: il freddo assolutamente domato, il sole sulla pelle bagnata, un rinvigorimento globale di tutto il fisico”.

D. E poi gli invernali cosa fanno?

R. “Dopo ci vorrà una doccia calda, molto calda ma non perché si prova freddo, ma per equilibrare tutto l’organismo e il sole, anche quello sbilenco dell’inverno, ristabilirà completamente il grande sbalzo del tuffo”.

D. Grande benessere fisico e psichico, quindi?

R. “Una versione naturale di crioterapia e talassoterapia in grado di curare talune patologie: artrosi, infiammazioni, osteoporosi, cervicale, ecc… Con la vasocostrizione (in mare freddo) e vasodilatazione (quando si esce dal mare), il sangue va ad alimentare il tessuto osseo, con enormi benefici in termini di salute!!!”.

D. Dopo questa intervista, siamo tentati anche noi di far parte della tribù, se ci volete…

R. “La tribù degli invernali sta crescendo nelle città di mare e sulle coste e tuffarsi nell’acqua marina gelata diventa una tendenza, non solo un vezzo, una smargiassata, ma la ricerca di un benessere privato e l’utilizzo di una risorsa che non tutti sanno di avere a disposizione”.

Francesco Greco


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