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CHIESA. Gli “Occhi nuovi” di don Tonino per guardare il mondo e l’uomo

Quei giovani vanno rispettati e amati: uno per uno; come se di ciascuno fossimo madre” (a proposito degli sbarchi sulle coste pugliesi di giovani albanesi, primi anni ‘90).

C’è un don Tonino quotidiano, minimalista, quasi sorpreso nella sua intimità pastorale, in “Occhi nuovi” (Le parole che dicono il suo sguardo), ED INSIEME, Terlizzi, Bari 2018, pp. 224, euro 12,00, collana “Sentieri”, a cura di Renato Brucoli e Ignazio Boi (con la collaborazione di Flavia Fiore e Francesca Schiavone, studentesse in Alternanza Scuola-Lavoro del Polo liceale “T. Fiore – C. Sylos” di Terlizzi).

Questa creatura eccezionale, di cui l’eguale non ero ancora riuscito a incontrare in Europa, perlomeno con una simile forza d’urto, l’ho invece incrociata lì, nel cuore dell’Africa…” (a proposito di suor Isabel, incontrata in Etiopia, “giovanissima e splendida… in jeans e camice bianco”).

Un uomo della Chiesa Universale che aveva scoperto il dono, e il potere, della parola, che aveva scavato sino alla sua nuda essenzialità, potenza escatologica, che usava con la scansione visionaria, onirica del profeta, da un’angolazione tutta sua: si era inventato un lessico famigliare si direbbe trasversale, capace di toccare il cuore e la mente di tanti, di tutti, come se in ognuno riuscisse a trovare una virtù segreta, un fuoco prometeico spento da ravvivare.

La solidarietà corta è di dare ai poveri il pane, il vestito, un tetto, ma la solidarietà lunga consiste nello schierarsi dalla loro parte, dalla parte di coloro che non contano niente…”.

Dopo l’evento del 20 aprile 2018 (visita di Papa Francesco – nel 25° dies natalis del Vescovo di Molfetta, Terlizzi, Giovinazzo e Ruvo di Puglia, nato ad Alessano nel 1935 – sui luoghi della vita e della spiritualità di don Tonino Bello, di cui è in corso la causa di beatificazione iniziata nell’ormai lontano 2007), occorre provare a rileggere, con “occhi nuovi”, ciò che ha detto nella sua breve, ma intensa parabola terrena.

Brucoli e Voi non sono laici aggregati dell’ultima ora al variegato universo che pulsava attorno a don Tonino, ma parlano, come dire, “pro domo sua”.

Editore e giornalista, il primo ha collaborato sin da subito alle tante attività durante gli 11 anni dell’episcopato di don Tonino, il secondo è diacono dal 2000, funzionario della Regione Sardegna, sposato, 3 figli, “folgorato” dalla sua parola e dalla testimonianza, si spende per diffondere il grande patrimonio di insegnamenti e messaggi di cui è cosparsa la sua vita.

In questo libro sfolgorante di luce viva e di tenerezza, di illuminazioni e “sogni”, che scorre lieve, con gioia e allegria, come un ruscello a primavera, un puzzle fatto di icone, filigrane e feritoie, si “scopre” un prete dal dna alla fin fine “politico”, che aveva capito i meccanismi perversi dell’esclusione, i paradigmi che germogliano la diseguaglianza, e li metteva ogni giorno in discussione, vagheggiando un nuovo ordine sociale e mondiale, in senso egualitario, dignitoso, giusto.

A forza di guardare gli occhi delle schiere di “ultimi” che conobbe, e con cui fu in naturale sintonia, il loro sguardo divenne il suo, “carezzevole e penetrante”.

La povera gente di Sarajevo ci veniva incontro con gioia, con speranza. C’era chi ci offriva da bere o da mangiare quel poco che aveva” (Tra serbi e croati) .

E se mutassero anche i laici, la gente della strada, i viandanti confusi e smarriti del XXI secolo, i suoi “occhi nuovi”, per vedere nel cuore del prossimo, nell’animo di chi ci sta intorno, per costruire un uomo, e un mondo, nuovi, un’utopia, che – come il prete “sognatore” ha insegnato – pure c’è all’orizzonte, forse non troppo lontano?

Francesco Greco


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