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Del dolore e del furore, la poesia di Pina Petracca

SURANO (Le) – Storditi dagli algoritmi e devastati dalle fake-news, abbiamo smarrito non solo la capacità di elaborare un pensiero critico, sintesi della nostra mente, ma anche di scandalizzarci per gli orrori quotidiani di cui è cosparsa, come “cocci aguzzi di bottiglia” (direbbe Montale) la nostra strada.
Ma la poesia, fra le infinite password che la rendono immortale, è anche furore civile, sdegno, urlo alla Munch. Da Majakovskij a Bertolt Brecht, in certi snodi storici i versi servono a provare a noi stessi la reattività alle ingiustizie, ai soprusi del potere, alla violenza dell’uomo sull’uomo.

A ricordarcelo Pina Petracca con la raccolta “Solitudini a sud della tua luce”, Esperidi Edizioni, Monteroni di Lecce 2018, pp. 166, euro 13, con la prefazione di Nicola Russi e la postfazione di Cristina Martinelli.

La Petracca è nata a San Cassiano, vive a Surano e insegna in una scuola di Tricase. E’ quindi una pedagogista investita di un ruolo sociale, una mission di cui avverte tutta la responsabilità.

Ciò che piace della sua poesia è la modulazione profondamente etica, la tensione morale, appassionata e coraggiosa, diretta, priva di finzioni letterarie spesso al servizio del proprio ego e prosopopea.

Che parli dei migranti (“Non abbiamo bisogno di vedere/ corpi straziati in acqua”, “Amara riva”, ad Aylan) che muoiono nelle traversate sui gommoni o degli ulivi attaccati dalla lebbra della xylella (“Ormai siamo alberi caduti/ tronchi mutilati rami secchi/ foglie accartocciate.”), la poetessa ha lo stesso mood addolorato, l’identico spleen pregno di un trattenuto furore.

Sullo sfondo, il mondo dei padri e della memoria, a cui Pina Petracca canta il suo inno di tenera devozione e immensa gratitudine (“Ora è pronto/ un nuovo Big Bang/ nelle tue arterie/ e i tuoi occhi/ cercano nei miei/ di conficcarsi,/ chiodi sulla croce/ sul tuo Cristo…”).

Un universo poetico del tutto personale, con le sue solide fondamenta, che traccia una distanza fra questa poetessa pugliese e molta poesia contemporanea, intenta a rimirare l’ombelico delle proprie paranoie.

Francesco Greco


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