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Donne in cerca della loro Itaca

Il caso ha voluto che ricevessi “Il Richiamo” (Lupi editore, Cosenza 2020, pp. 256, euro 15,00) quarto romanzo di Antonia Occhilupo, subito dopo la fine del lockdown. Avevo alcuni viaggi in sospeso, e così l’ho letto fra un treno e l’altro.

Pensandoci su, la password per entrare nel romanzo è proprio il viaggi. Cos’è infatti la parabola di Giuseppina e Jolanda, sorella di latte, le protagoniste e del gineceo che si muove intorno a loro, se non una continua “anabasi”, un susseguirsi di “nostoi” fra passato e presente, un’osmosi continua, incursioni nella memoria sullo sfondo della guerra e delle guerre (con tutti gli orrori, i lager) e delle lacerazioni che provoca, lutti difficili da elaborare, ferite che mai si rinchiudono?

Un’ansia di radici, di appartenenza, di condivisione, di un senso da dare alla propria vita. E’ come se la scrittrice pugliese intingesse nel tè le madeleine di Proust, o, sulle rive del Mediterraneo (“La mia ninna nanna è stata la sinfonia in crescendo delle onde”), bagnasse nell’acqua di mare a mò dei marinai fenici le frise per ricordare snodi esistenziali, lo spirar del vento, i moti dell’anima (“Mi ero seduta sulla poltrona della nonna, quasi a sorbire i suoi silenzi e le sue lacrime cristallizzate, mai più versate”).

Giuseppina è personaggio drammatico, da tragedia greca, una Penelope tre millenni dopo (“prendevo il sole sulla terrazza, sognando di viaggiare per terre e mari lontani”), tesse paziente la tela, ma a differenza della moglie di Ulisse, si guarda bene dal disfarla. Non può farlo perché è un personaggio ascrivile a un neo-umanesimo gravido di orizzonti che anelano a un uomo nuovo e a una civiltà superiore.

Le continue citazioni del mondo classico, greco e latino, stanno lì a significarlo. Lei studia al Dams, crede nel potere salvifico del logos, della parola, della conoscenza quale presupposto di un mondo nuovo.

E anche in questo romanzo, torna una costante del realismo magico e visionario della Occhilupo: la complicità fra donne, la loro forza dirompente, la potenza escatologica della loro energia. Sottinteso, un matriarcato di cui non si vuole prendere atto, e di cui l’uomo ha paura: da Lisistrata a Didone, fino alle streghe del Seicento e alle donne del Novecento contadino.

In un romanzo sospeso fra sociologia e antropologia, in cui in controluce appare la solida architettura socio-economica del Novecento al Sud, prosegue il lavoro sulla lingua recuperando termini arcaici e ricchi di storia, in cui i personaggi sono quasi schiacciati dal fato, gli uomini sono fragili, tormentati, come i personaggi di Dostoevskij.

Il libro sinora è stato presentato a Santa Cesarea Terme, a Lido Marini, poi andrà a Palmariggi e a Maglie.

Francesco Greco


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