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Genealogia del Novecento, i Rizzo-De Marco

Il “patriarca” si chiamava Francesco, era nato ad Alessano (Lecce) nel 1892. Aveva sposato Lucia De Marco (1895), compaesana, nel 2020.

L’influenza detta “spagnola” condizionò il matrimonio. Programmato per il 10 gennaio, fu rinviato dalle disposizioni sanitarie del Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno, Francesco Saverio Nitti. Il 18 ottobre fu celebrato da don Leone Trono nella Chiesa Collegiata del SS. Salvatore (testimoni Carlo Sangiovanni e Michelangelo Monaco) e, col rito civile, il 21 ottobre, in municipio, dal sindaco Carlo Sangiovanni (testimoni Cesare Amoroso e Francesco Buffo). Curiosa la sovrapposizione dell’emergenza pandemica: ieri la “spagnola”, oggi il Covid-19. Le sofferenze e paure di oggi riecheggiano quelle vissute dagli antenati nell’altro secolo.

Il nipote Francesco Sergi ha ricostruito l’albero genealogico di cento anni e cinque generazioni che, in controluce, fanno intravedere un secolo di storia del Sud italiano con le sue metamorfosi e trasformazioni sociali, economiche, dei costumi. Dal mondo contadino dei Rizzo-De Marco, ai pronipoti di oggi affermati professionisti, imprenditori di successo, ecc.

l tutto impaginato con cura e passione, impreziosito da un apparato fotografico di notevole mole e impatto emotivo, in b/n e a colori, nel volume dal titolo “Un secolo di storia della famiglia Rizzo-De Marco” (1920-2020), editore FiluLAB, Montesardo 2021, pp. 96, s.i.p.

La famiglia visse in una masseria (che compare in quarta di copertina) in agro di Macurano (Montesardo), sulla via per il mare di Novaglie.

All’interno, oltre all’abitazione, c’era il forno, le stalle (cavalli, mucche), il pollaio, i conigli, i maiali, gli uccelli, il granaio, perfino una chiesetta e dei depositi naturali di acqua piovana a uso domestico, per le bestie e la terra. Insomma , un microcosmo in cui c’era tutto.

Coltivarono l’ulivo, la vigna, il tabacco, il grano avvalendosi di avventizi e salariati. Alla mensa di “Massaru Franciscu” (noto in tutto il territorio per la sua onestà e generosità) non era raro trovare qualche orfanello che, rimasto solo al mondo, era stato “adottato” dai Rizzo-De Marco e aiutava nei lavori di stagione e ad accudire il gregge.

Quell’energia universale, cosmica che teneva unito il mondo di ieri, quando il rapporto con la terra e la natura era diretto, il poco che c’era era condiviso con gioia e sincerità con tutti gli altri, famigliari ed estranei ed era una forza che consentiva di superare qualsiasi avversità e andare avanti.

La coppia ebbe nove figli: Quintino, Angela, Fede, Maria, Antonia, Concetta, Vittoria, Francesca e Ottavia. Svezzati, ognuno ebbe il suo ruolo fino al giorno in cui si creò una famiglia tutta sua: un universo autarchico in cui c’era chi cuciva,ricamava, tesseva, rammendava, faceva il bucato, cucinava, ecc.

Il figlio maggiore aiutava il “patriarca” nei campi, la più piccola ebbe, appena adolescente, la vocazione e divenne suora dell’Ordine Pie Discepole del Divin Maestro col nome di Maria Francesca e tutt’oggi è impegnata nel mondo (Africa) con ruoli apicali di grande responsabilità.

Francesco Rizzo praticò anche l’ortopedia di base: chi, nel sud Salento, lavorando da sole a sole, nei campi o nell’edilizia, si slogava un braccio o una gamba, si lussava una spalla, adulto o piccolo, arrivava alla masseria ed era curato efficacemente con metodi naturali (la “stuppata” a base di cenere calda e uova: all’epoca il pollaio era presente in ogni casa) e a costo zero per il paziente che così in breve poteva tornare al lavoro e contribuire al reddito della sua famiglia.

Morto ancora giovane (1950, a 58 anni) il popolare “Massaru Franciscu”, il figlio Quintino (con l’aiuto delle sorelle Angela e Fede) continò per un buon decennio la tradizione ortopedica, anche quando i Rizzo-De Marco andarono ad abitare alla periferia nord del paese (sulla strada Lucugnano-Lecce), con gran sollievo della gente del Salento dove i medici erano scarsi, e anche costosi e rompersi un braccio era faccenda quotidiana (anche chi scrive da piccolo è ricorso più volte alla perizia di “Patrunu Quintinu”). Lucia De Marco invece se ne andò nel 1973, a 79 anni. Piccola curiosità: in una foto con suor Maria Francesca, appare anche don Tonino Bello, amico di famiglia. Che annoverava anche, oltre a suor Maria Francesca, altri due religiosi appartenenti al suo stesso Ordine: Frà Celestino e suor Agata.



Francesco Greco


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