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Leucasia +30, la fortunata “creatura” di Carlo Stasi

Trent’anni, ma non li dimostra: anzi.

Compleanno importante per la fortunata “creatura” letteraria dello scrittore pugliese Carlo Stasi: la sirena “Leucàsia” in questi anni è diventata un simbolo forte, un’icona ricca di nervature filologiche, un denso grumo semantico dalle infinite decodificazioni, trasfigurandosi in altro da sé.

Il simbolo di Leuca nel mondo, ma anche del coraggio e il protagonismo della donna del Mediterraneo.

Oltre ovviamente a un long-seller dalle numerose ristamp, tradotto anche in inglese (titolo: “Leucasia the Legend”). Insomma, un “caso” letterario. E il viaggio della celebre sirena continua…

Ne parliamo con Carlo Stasi.

Se lo aspettava quando la inventò nella sua stanzetta, davanti alla macchina per scrivere?

<<In realtà l’idea mi venne durante l’estate del 1992 guardando dal lungomare di Santa Maria di Leuca le due punte che circondano, come in un abbraccio, la baia. All’orizzonte l’Adriatico e lo Ionio che si univano, mari su cui era passata la storia e il mito.

Tornato a casa, buttai giù la prima stesura: perché non creare una storia su quell’estremo lembo d’Italia affacciato sul mare di Ulisse?

Ovviamente mi documentai sulle sirene, le reminiscenze dei miei studi classici e la passione per la storia locale fecero il resto.

Il nome di Leucasia esisteva a causa di un errore di un monaco salentino del Seicento che cambiò, appunto in Leucasia, quello classico di Leucosia.

Secondo la versione più nota, quella di Apollodoro di Rodi, le sirene Partènope (che suonava la lira), Lighe(i)a (che suonava il flauto) e Leucòsia (che cantava) erano le compagne di Proserpina (Persefone) rapita da Ade (Plutone) a Enna, e non riuscendo a trovarla furono punite dalla madre Demetra e trasformate in donne-rapaci.

Aristula e Melisso sono nomi che ho inventato per affinità sonora con i nomi delle due punte di Leuca: Punta Rìstola e Punta Mèliso, che sarebbero i loro corpi pietrificati dalla dea Athena (Minerva) cui, secondo la tradizione locale, sarebbe stato dedicato un tempio sul Promontorio di Leuca>>.

Possiamo considerare Leucasia gemella della sirenetta di Copenaghen?

<<Un gemellaggio ci sarebbe dal momento che due anni fa mi hanno contattato proprio da Copenaghen dove, saputo della mia sirena, hanno deciso di produrre un film di animazione la cui sceneggiatura è stata selezionata a un concorso a Helsinki (Finlandia).

In realtà le differenze ci sono: le sirene della Grecia classica, come dicevo, erano mezze donne e mezzi uccelli rapaci; nel Medioevo gli influssi della cultura nordica e scandinava le hanno trasformate in donne con coda di pesce, come si vede nel mosaico pavimentale (1163-65) nella Cattedrale di Otranto, eseguito in epoca normanna (non a caso i Normanni erano gli “uomini del Nord” di origine vichinga), dove è visibile una sirena bicaudata, opera del monaco bizantino Pantaleone.

La storia della sirenetta (senza nome) di Andersen (non quella di Disney, chiamata Ariel e coi capelli rossi) è una fiaba dove si sacrifica per salvare l’uomo che, ignaro del suo amore, era andato in sposa a una principessa.

Leucasia invece è una sirena “classica”, che intende incantare e uccidere i marinai che si fanno sedurre dalla sua voce.

Nella mia storia rappresenta la donna seducente e crudele che, respinta dal pastorello messapico, vuole vendicare l’offesa distruggendo l’uomo che ama e la sua donna, per poi, presa dal rimorso e persa la voce, suicidarsi (come le due sirene dell’Odissea che, non essendo riuscite a sedurre Ulisse, si suicidano per la disperazione e si trasformano in scogli)>>.

Possiamo leggerla anche come icona femminista, intravedere l’animo forte e fiero della donna mediterranea?

<<Qui abbiamo una contrapposizione, da una parte la aristocratica Aristula, la dolce e delicata fanciulla messapica che rappresenta tutte le virtù femminili come la dolcezza, l’ingenuità e l’innocenza, vittima non della gelosia maschile, ma di quella femminile; dall’altra Leucasia, la sirena che distrugge gli uomini seducendoli col suo canto e non perdona al fedele pastorello il rifiuto vendicandosi nel modo più crudele.

La femme fatale Leucasia però, stavolta si innamora della sua vittima e rappresenta quindi l’estremizzazione dei “difetti” femminili come la vanità, il desiderio di sedurre che non ammette limiti, rifiuti o sconfitte, la gelosia e la rivalità con altre donne. Una semidea, la sirena, che diventa umana, diventa donna per amore, e morte! Eros e Thanatos>>.

Tra metafore e allegorie, può essere considerata la prosecuzione e dilatazione semantica dei miti classici: Elettra, Cassandra, Didone, etc.?

<<La mia storia si pone necessariamente sulla scia della mitologia greca (e poi latina) che mi offriva spunti archetipici, in primis le tante ‘metamorfosi’ raccontate da Ovidio, tra questi le sirene, col loro canto, simboleggiano la seduzione (della musica, del canto, dell’arte, della cultura, del mistero, del femminile) cui l’uomo deve resistere per non perdersi.

Ma anche la “pietrificazione”, come lo sguardo di Medusa, come i figli avuti da Giasone che Medea, abbandonata, uccide e getta in mare e che si trasformano in scogli per intervento della divinità.

I miti narravano di passioni violente e la mia “leggenda di Leucasia, Aristula e Melisso”, pur ambientata nel passato, ripropone le stesse passioni che, essendo “archetipiche”, sono ancora vive oggi!>>.

Francesco Greco


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