Quella voce che sfuma nell’inquietudine, Cosimo Russo
Non è forse nel titolo il significato intrinseco di questa silloge poetica e dell’intima essenza di un poeta che tende all’infinito, come Cosimo Russo?

La sua è una voce energica che sfuma nella nostalgia e nell’inquietudine:
“…Ho indugiato sulla porta della follia,
credendomi semplice idea.
Sono ritornato a me, continuando a guidare
questa macchina infernale del dubbio…”
Alla ricerca di una quiete in grado di proiettare la benignità del tempo sul presente, scandendolo oltre il frammento dei turbamenti, restituendo agli intrecci della vita la fragilità dei sentimenti, la ruvidezza delle separazioni, i disinganni delle illusioni, quel grumo indistinto e indecifrabile di rimpianti e riflessioni che interrogano l’anima e poi ne ascoltano ogni parola.
“Ma, io e te, mi hanno detto
che non moriamo
che è un’illusione
è la capacità cerebrale a enfatizzare
l’evento più di quanto
realmente avvenga;
dunque siamo qui,
in questo paradiso terrestre, per sempre“.
Cosimo Russo ci insegna a vedere, a distinguere servendoci delle emozioni, distillando ogni elemento dello spazio e del tempo, affinché non restiamo inabissati nella fatica del vivere.
“Non tremiamo…
La nostra bilancia
è fatta apposta per l’equilibrio”.
Ci esorta a ridefinire il nostro bagaglio personale, mostrandoci una premurosa e accurata attenzione verso il nostro vissuto, verso l’eredità che ci lasciano gli incontri, verso l’estensione intima dei ricordi, in modo che la nostra attesa sia un fiducioso offrirsi agli altri, alla bellezza della natura, al conforto che viene dalla scrittura, che in questa raccolta si traduce in una trapunta di versi, ignari scrigni dei pensieri più intimi dell’autore.
“Non importa al gabbiano
di planare
sugli scrigni delle ossessioni
…
Non gli importa
la paura della solitudine
che conduce spesso
gli uomini all’ipocrisia.
…
Libero tra le scogliere
del mondo
lui sa che se nasci con le ali
non puoi che morire volando”.
Un colorito affresco della vita, tanto amata e difesa.
Un filo rosso che guida e racchiude esperienze vicine e lontane, le ricompone in immagini attive, vivide, che bruciano di passione.
“Io perdevo chilometri di speranza
mentre maggio maggio viaggiava
sui binari di grano
…
Lasciarmi correre
il filo della libertà
nel presentimento di essere immortale
scrissi il mio nome e cognome
sul dito bianco dell’alba”.
Un pennello da pittore impressionista, che nell’impeto artistico segna una traccia indelebile. Una traccia che vuole essere presenza e testimonianza.
E poi quel senso leggero del “transitorio”, che sembra dare un colore anche al vento, mentre dona alle parole del poeta quell’inconfondibile tono di calda autenticità, che vale più di ogni saggezza, più del ritmo, più degli assurdi azzardi del destino.
“Lo so, la mia poesia vacilla
come olive
nelle mani di un contadino.
Spesso dimentico di contare le sillabe e
non c’è musica nelle parole.
Ma la verità
non ha né musica né
numero”.
Questa è poesia che non conosce confini né barriere.
Che viene dalla voce annidata nella parte più segreta del cuore.
È poesia che vince il confronto con le parole, poiché contiene anche quelle che non esistono.
È capacità di creazione e intensità che tutti dovremmo leggere ancora, almeno “una volta ancora”!
“Ancora i valigieri del cielo non avevano
spunto i gelsomini e la neve
nè i venti riflettuto alla possibile musica dei tuoi capelli
nè decretato il re che la violetta
si seppellisce in un libro.
No.
Era l’età in cui viaggiava la
rondine
senza le nostre iniziali nel becco.
In cui convolvoli e campanule
morivano senza balconi da scalare nè
stelle.
L’età in cui sull’omero d’uccello
non c’era fiore che posasse il capo”.
Grazie Cosimo Russo.
(Gagliano del Capo 1972- Tricase 2017)
COSIMO RUSSO
ANCORA UNA VOLTA
Manni Editore, Lecce 2019
pagine 144, euro 16,00
Alessandra Politi