Dominazioni feudali in Tricase
Nel 1398 Taranto alzò il vessillo di Re Luigi II(1377-1417), Raimondello radunò cinquecento cavalieri e li offrì al Re. Questo legittimo sovrano ricevuto con grandi onori dai baroni di Terra d’Otranto e di Bari, dai Sindaci delle Terre, tornandosene in Francia vendette a Raimondello, per 175 mila scudi, il Principato di Taranto. Raimondello (Raimondello Orsini seconda metà sec. XIV – 1406) divenne così principe di Taranto e conte di Nola; egli era figlio di Nicolò Orsini e di Maria Del Balzo e nel 1385 aveva sposato Maria d’Enghien, contessa di Lecce (1367-1446).
Ladislao (1377-1414), l’usurpatore, dopo un periodo di scontro con Raimondello, al quale aveva tolto diversi feudi, nel marzo del 1390 gli riconfermava, in perpetuo, le Terre del Principato di Taranto, e quelle di Otranto, Nardò, Ugento e Gallipoli. Le relazioni diventarono più cordiali e Raimondello ebbe ancora dal grande feudatario Ladislao molti privilegi e il titolo di Conte di Soleto sul casale che già possedeva la famiglia Orsini; nel 1401 ebbe anche il Casale di Tricase.
Fu in pratica il 21 settembre del 1401 che Raimondello Orsini Del Balzo ricevette Tricase in feudo da Ladislao di Durazzo, re di Napoli dal 1384 al 1414, il quale, dopo la morte di Raimondello nel 1406, al fine di impossessarsi dei suoi vasti possedimenti, sposò la ricca principessa di Taranto e contessa di Lecce, Maria d’Enghien, il 23 aprile 1407.
Dopo la morte di Ladislao, Maria d’Enghien, che era stata per alcuni anni segregata e maltrattata nel Castel Nuovo di Napoli, fu liberata dalla regina Giovanna II (1371-1435) in seguito all‘intervento del genero Tristan de Clairmont-Tonnère (Tristano di Chiaromonte). Nel maggio 1420 si riconciliò con Giovanna e, quindi, ebbe l`assoluto possesso dei suoi beni e si ritirò a Lecce dove morì nel 1446.
A Raimondello Orsini Del Balzo nel 1406 successe il figlio Giovanni Antonio (che regnò dal 1446 al 1463), uomo duro. Fu uno dei più potenti baroni del Regno ed estese il suo dominio su parte dell’Avellinese, del Barese, della Capitanata e su Terra d’Otranto. Poteva vantarsi di essere signore di sette città arcivescovili, trenta città vescovili e trecento castelli, tanto da far dire a Benedetto Croce che, viaggiando da Salerno a Taranto, era sempre nei suoi domini.
Nel 1419 il feudo di Tricase fu acquistato da Baldassarre e Antonello Della Ratta proprio dal potente Giovanni Antonio Orsini Del Balzo. I Della Ratta, conti di Caserta e di Alessano, erano una nobile ed antica famiglia di origine spagnola.
Maria Conquesta, figlia naturale del barone Giovanni Antonio, passando a nozze nel 1455 con Angilberto Del Balzo signore di Tiggiano, Galatone e Carpignano, portò in dote la contea di Castro e Ugento, che comprendeva anche i feudi di Parabita, Tricase, Bosco Belvedere, ecc.
Morto il barone Giovanni Antonio (1463), il conte Angilberto espose a Re Ferdinando I d’Aragona (1379? – 1416) che il principe di Taranto aveva fatto inventariare dai suoi mastri tutte le “rendite, intrate, deritti e rasoni delle terre, casali e ville donate alla figlia e supplicava perciò che dovesse commettere ad un pubblico notaio di redurre in solenne istrumento gli inventari predetti”.
L’inventario venne redatto in forma pubblica il 26 maggio 1.464 e fu stipulato a Nardò il 22 settembre dello stesso anno sempre con atto pubblico.
Dopo l’adempimento rigoroso delle formalità richieste, fu trascritto l’inventario compilato nel 1455 (Tricase, 16 ottobre 1455), che è di valore inestimabile per la storia di Tricase.
ln detto inventario furono indicati dettagliatamente “res, bona, jura, proventus et redditos quod in dicta terra Tricasei et eius territorio” aveva la curia baronale, nella quale vi era una torre principale ben fortificata, quella che guarda verso il mare, mentre al posto del Castello, vi erano dei modesti fabbricati quali accessori della torre ed un cortile nel quale era costruita una stanza e quattro altre camere.
Nell’inventario, altresì, vi sono dati molto interessanti riferiti ai diritti baronali e sulla popolazione di Tricase in quei tempi, in particolare i cognomi dei cittadini.
Nell’estate del 1480, la flotta di Maometto II (1430-1481), si presentò davanti ad Otranto. I Turchi riuscirono a penetrare nella città e si trincerarono saldamente. In pochi mesi i Turchi si erano spinti nell’interno ed avevano devastato campagne e cittadine. Si racconta che Tricase concesse rifugio ai profughi della vicina Salete (Depressa) che era stata attaccata e distrutta dai Turchi, i quali, successivamente, tentarono di saccheggiare anche Tricase incendiando la Chiesa Madre.
Intanto a Raimondello Del Balzo, conte di Castro e figlio di quell‘Angilberto che, partecipando alla congiura dei Baroni del 1485-1487, perdette vita ed averi, toccò una non gradita sorpresa nel 1481 da parte dei Tricasini.
Con la resa di Otranto, essendo finita nel settembre di quell’anno la guerra contro i Turchi, il conte Raimondo, che aveva militato nel campo a Roca insieme a Giulio Antonio Acquaviva conte di Conversano, pensò di affacciarsi alla sua terra di Tricase. Si presentò dunque un giorno a questa, ma ne trovò chiusa la porta; i tricasini, evidentemente accortisi in precedenza, ostili a riceverlo, non gli permisero di raggiungere le sue case. Fra i dimostranti erano lo stesso sindaco Jannuzzo Micetto, un Cala Pasquale, Jannuzzo notar Paolo, il notar Angelo Sparatello, Jannuzzo Pascale e Vincenzo Bechari. Costoro ed altri, passando dalle grida ai fatti, presero a scagliare sassi contro il conte; poi, sempre più riscaldandosi, costrinsero il conte a rifugiarsi in un luogo detto San Pietro, presso il convento di San Domenico dove passò la notte.
La cosa continuò nei giorni successivi con altri spiacevoli episodi. In seguito a ciò il conte fù costretto a rivolgersi al Re e, dopo un certo periodo (1484) venne incaricato il principe di Altamura che riuscì a raggiungere una tregua ristabilendo l’autorità del conte, in quanto Tricase, insieme alla contea di Ugento, della quale faceva parte, continuò ad appartenere ai Del Balzo sino al 1530.
Apprendiamo che Tricase, al tempo della rivolta contro il conte Raimondo, aveva molto sofferto per l‘invasione dei Turchi e contava 75 fuochi (famiglie, nuclei familiari) e due di ebrei. Nel 1485 la pace fra Venezia e Napoli restituiva la calma alle popolazioni salentine. Ma anche questa fu breve.
Prima di morire il 25 febbraio 1494 Ferdinando II conobbe l`intenzione di Carlo VIII di Francia (1470-1498) di invadere il Regno.
Alfonso II (1448- 1495), succeduto al padre, era a Roma quando vide i francesi entrarvi. Abdicò in favore di suo figlio Ferrandino, che fu Ferdinando II (1467- 1496). Questi riparò in Sicilia; chiese l’aiuto dei congiunti spagnoli. Quasi tutto il Regno si arrese all’arrivo di Carlo VIII. La maggior parte delle città di Terra d’Otranto si affrettarono a rendere omaggio al nuovo sovrano. Non si piegarono Brindisi, Gallipoli e Tricase, rimanendo fedeli agli Aragonesi.
Tricase pagò la sua fedeltà agli Aragonesi subendo la rappresaglia dei francesi per mano del conte di Alessano, al quale era stato ordinato dal duca di Lecce, Giliberto Brunswick, di dare una lezione ai tricasini che non si erano piegati alle bandiere di Carlo VIII nel 1495.
In quella occasione, dopo essere stata invasa, Tricase fu costretta a pagare come riscatto la somma di seimila ducati. Si ritiene che, proprio in relazione a questo fatto, sia da ricercarsi il curioso atteggiamento di ostiità dei tricasini verso gli Alessanesi; ostilità durata diversi secoli e che ancora oggi si manifesta sotto l’aspetto di un esasperato ed inutile campanilismo.
Intanto Ferdinando II muore a 28 anni nel 1496, e suo zio Federico diiene re, Federico I (1451? – 1504). Ritornati gli Aragonesi, Tricase inoltrò subito, tramite il legato Vito Pisanelli, la richiesta di nuovi privilegi e la riconferma dei precedenti. La richiesta fu accolta ed il documento venne firmato dal Re, Federico I, il 12 dicembre 1496.
Negli anni successivi le conseguenze dei grandi avvenimenti storici si fecero sentire di nuovo in Tricase. La decadenza dell’Italia meridionale s’accentuava. Le campagne abbandonate, la malaria che infieriva, le rivalità fra i baroni e le guerre, fra questo o quell‘invasore e i re, l’affrettavano. Sembra era destino che il Regno degli Aragonesi di Napoli non dovesse avere lunga vita; Luigi XII (1462-1514), proseguendo nei disegni politici del predecessore Carlo VIII, trattò con Venezia a Blois e con Ferdinando il Cattolico (1452-1516) a Granada avendo così via libera sull‘impresa che si accingeva a compiere in Italia.
Molteplici furono le vicende che seguirono nel meridione d‘Italia: la cacciata degli Aragonesi; la guerra franco-spagnola nel Mezzogiorno; la battaglia di Cerignola e la vittoria dell’Armada a Seminara, e infine larotta dei Francesi ed il trattato di Lione (1504). Si sottoscrisse una tregua di quattro anni; tutto il Regno Napoletano era ornai spagnolo. Era re di Napoli Ferdinando d’Aragona, il Cattolico, marito di Isabella di Castiglia (1451-1504). Ritornano ancora gli Spagnoli nel Regno di Napoli e ci resteranno per più di due secoli.
Intanto a Ferdinando succede Carlo d’Asburgo che si chiamerà Carlo V (1.500-1558), incoronato imperatore del Sacro Romano Impero ad Aquisgrana nel 1520. Dopo le conquiste delle Americhe, era un immenso Impero, da cui traeva, inesauribili ricchezze.
Questi anni saranno caratterizzati dalle lotte tra gli Spagnoli ed i Francesi; questi, calati al Sud, con un forte esercito comandato dal Lautrec, ebbero come alleati i Veneziani i quali approfittarono dell‘occasione per assalire i porti di Trani, Bari, Brindisi, Otranto e Gallipoli, che avevano già occupato dopo la caduta degli Aragonesi e perso poi, dopo le vicende della Lega di Cambrai e la sconfitta di Agnadello (1509). Lecce aprì le porte al Lautrec, ma altre città Nardò, Castro, Tricase rimasero fedeli agli Imperiali. Tricase, come per le volte precedenti si distinse per la lealtà agli Spagnoli. Questa fedeltà la pago molto cara, perchè, ancora una volta fu costretta a subire le rappresaglie, questa volta da parte di Tutino che aveva parteggiato per i Francesi ed i cui abitanti bruciarono “molti piedi di olive”ai Tricasini.
Con la sconfitta dei Francesi ad opera delle truppe del Principe d‘Orange e con il conseguente ritorno degli Spagnoli, Carlo V divenne l‘indiscusso padrone del Regno che entrò a far parte dell‘Impero, considerato in quei tempi, il più vasto del mondo, risuscitando la vecchia idea del Sacro Romano Impero, per cui, a ragione, veniva chiamato “l’impero dove il sole non tramontava mai”.
I Tricasini inviarono legati a Carlo V affinchè concedesse nuovi privilegi in virtù dei meriti acquisiti per essere stati sempre fedeli ai colori spagnoli. Le motivazioni, grosso modo, erano le stesse del 1496 con in più una richiesta di indennizzo che doveva esser fatto all‘Università (poi Comune) di Tricase da parte di Tutino per aver subito la devastazione delle campagne. Carlo V emanò il privilegio da Ratisbona, dove si trovava, il 2 settembre 1532. Inoltre ordinò che tutte le coste salentine venissero munite di un sistema difensivo basato sulla costruzione di Torri costiere, regolarmente distanziate fra di loro in maniera da permettere l’avvistatento di legni nemici e provvedere per tempo ad avvisare le guarnigioni dell‘interno. Infatti, di lì a pochi anni, per ordine imperiale, “tutte le coste del viceregno furono munite da una fitta rete di torri erette per segnalare alle popolazioni dell’intemo i pericoli rappresentati dalle continue scorrerie ottomane, una delle quali aveva nel 1537 desolato Castro e minacciato Tricase”.
Negli anni successivi Tricase passò nelle mani di molti signori fino a raggiungere quelle di Alessandro Gallone, i cui discendenti la possedettero fino alla eversione della feudalità con il titolo di Principato, ottenuto a Madrid il 24 marzo del 1651, da Filippo IV di Spagna.
Francesco Accogli
(da Storia di TRICASE, Congedo Editore)