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Francesco Monastero Summonte, un personaggio stravagante

di Francesco Accogli

Presso la biblioteca “F. Piccinno” di Maglie (Lecce), la prima aperta al pubblico in Puglia1 , vi sono diversi documenti riguardanti Francesco Monastero Summonte.

Ma chi era questo originale, stravagante ed eccentrico personaggio per destare il nostro interesse? Come mai era solito, a suo dire “onorato”, chiamarsi e “definirsi” Tricasino e firmarsi con vanto “superstite di Sapri”?

Francesco Monastero Summonte

Francesco Monastero Summonte

Sembra che egli nella vita fece un po’ di tutto: si arruolò nell’esercito borbonico, fu arrestato e rinchiuso nel penitenziario di Ponza, venne perseguitato, riuscì a sfuggire al massacro nell’eroica vicenda di Carlo Pisacane nel 1857 a Sapri,  fu “professore di calligrafia”, disegnatore, riproduttore, legatore di libri, tipografo, giornalista, organizzatore di Società Operaie, fondatore e animatore del giornale magliese “La Pialla”, ecc., ecc.

Francesco Monastero era nato ad Alessano (Lecce) il 28 giugno 1834. Il padre, Silvestro, lo lasciò orfano quando egli era ancora piccolo e la stessa sfortunata sorte capitò alla madre, Ermenegilda Summonte, che morì immediatamente dopo il marito. Ermenegilda era sorella di Noè  Summonte, Arciprete di Tricase dal gennaio 1840 all’aprile del 18922,un lunghissimo periodo, durante il quale lo studioso Cosimo De Giorgi ebbe modo di conoscerlo e di parlarne nella sua nota opera “La Provincia di Lecce – Bozzetti di viaggio”, non esitando a definirlo: (…) “Signor Noè Summonte, arciprete di Tricase, un vecchietto curioso e bizzarro, rara avis nella sua classe in quanto ad istruzione”3.

Lo zio arciprete si prese cura del nipote Francesco, essendo rimasto orfano, e gli dette la prima istruzione scolastica portandoselo a Tricase. Di questa parentela Francesco Monastero andò sempre orgoglioso ed anche la sua permanenza in Tricase dovette essere propizia, tanto che aggiunse al suo (Monastero) il cognome Summonte e lo adoperò sempre e, sembra con prevalenza, su quello natale. Non è difficile dedurre che sarà certamente stato per questi motivi, l’aver trascorso la tenera età in Tricase e l’aver avuto sempre una profonda ammirazione ed un illimitato rispetto nei confronti dello zio arciprete, a far dire poi a Francesco Monastero, nonostante fosse nato in Alessano, di essere onorato di chiamarsi Tricasino, come è detto esplicitamente nella lettera di risposta da  Mons. Vincenzo Ingletti (Tricase, 1820 – ivi, 1905) che di seguito pubblichiamo.

E’ necessario ricordare che l’arciprete Noè Summonte era un amante della storia, della letteratura e, naturalmente, della religione come lo attestano diversi saggi che egli ebbe modo di scrivere. Quello più noto, pubblicato dopo la sua morte dal nipote Francesco nel 1894, presso la tipografia del Popolo di Maglie e firmato con lo pseudonimo “il devotissimo superstite di Sapri” reca il seguente titolo: Per il fu Arciprete Summonte suo nipote Francesco Monastero Summonte. Un canto sulla marina della Serra ed un cenno monografico di Tricase. Ricordo ai gentili Tricasini. Sulla copertina di questo interessante volumetto c’è anche scritto: “Di prossima pubblicazione, l’orazione funebre pronunziata dall’Arciprete Summonte nei funerali dell’illustre grande uomo di Stato Comm. Giuseppe Pisanelli” (Tricase, 1812 – Napoli, 1879). Ma, per la verità, questa pubblicazione non ci risulta sia mai stata data alle stampe.

Altro opuscolo di Noè Summonte, di carattere religioso, è quello presente nella Biblioteca Provinciale “N. Bernardini” di Lecce che reca il seguente titolo: Che dopo la Bandizione del Vangelo, è un pregiudizio anti-umanitario ed anti-cattolico la distinzione di paesano, e di forestiero, Lecce, Tipografia Antonio Del Vecchio, 1873.

Ritornando, alla biografia di Francesco Monastero Summonte sembra che fu proprio lo zio Noè a farlo ammettere all’ospizio di Giovinazzo, dal quale fuggì, intorno al 1850, quando non aveva ancora nemmeno diciotto anni, perché convinto di arruolarsi nell’esercito borbonico. Successivamente, forse nel 1854, venne arrestato e, continuamente perseguitato, fu costretto a girovagare per un certo periodo.

Nel 1857 era recluso a Ponza quando sbarcò Carlo Pisacane ed insieme ad altri detenuti, dopo la liberazione, si unì al Pisacane per tentare la disperata impresa. Sfuggì al massacro e nel 1860 ritornò in provincia di Lecce, vivendo per un certo periodo nel capoluogo ed anche nella città di Alessano, suo luogo natale. Successivamente si trasferì a Maglie, dove si sposò nel 1864 con Maria Carmela Raina, praticando con più assiduità la professione di calligrafo.

Negli anni successivi, sembra intorno al 1875 – ’76, è di nuovo fuori per poi ritornare a Maglie,  dove s’impegna a costituire una Società operaia di Mutuo Soccorso, la “Patria e Progresso” di cui è assiduo organizzatore, divenendone poi anche Presidente.

Francesco Monastero Summonte non ebbe figli, però è quasi certo che avesse adottato un nipote della moglie, Pietro Refolo4 , al quale insegnò l’arte tipografica e la rilegatura dei libri.

Fu poi Segretario di una Società agricola ed esponente di rilievo della Società operaia “Patria e Progresso”, nonché direttore del giornale operaio magliese “La Pialla” nel 1883.

Il 6 settembre del 1900 Francesco Monastero Summonte, dopo una vita travagliata e singolare, moriva a Maglie.

Come abbiamo precisato egli si guadagnava da vivere soprattutto esercitando l’arte di calligrafo e di rilegatore di libri. L’arte di scrivere col bel carattere, abbellire con ornamenti, ritrarre e riprodurre foto e disegni, metterli in cornice e contornarli di fregi, accompagnandoli spesso con lettere elogiative o con articoli ritagliati dai giornali, lo metteva in contatto epistolare con personaggi illustri (sovrani, poeti, artisti, patrioti, uomini politici come il tricasino Giuseppe Pisanelli) e anche con personaggi meno noti al grande pubblico, ma ugualmente apprezzati ed importanti come, per esempio, il nostro Don Vincenzo Ingletti.

Nel lungo, articolato e documentato saggio di Nicola G. De Donno5,, pubblicato nel 1978 dalla Sezione di Maglie della Società di Storia Patria per la Puglia, sono riportate numerose corrispondenze epistolari, tra le quali quella di Mons. Vincenzo Ingletti e quella di Giuseppe Pisanelli che riportiamo fedelmente.

Vincenzo Ingletti, mentre era nel Liceo Vittorio Emanuele di Napoli, così scriveva a Francesco Monastero Summonte:

“Pregiatissimo signore ed amico,

Con l’ordinario di ieri ho ricevuto un egregio lavoro di lei, a penna, accompagnato da una lettera, la quale mi fa arrossire, tante sono le lodi, di che ella mi è larga, conoscendo ben’io di non meritarle punto. Le sono gratissimo di tanto dono, e gliene rendo molte e sincere grazie. Non debbo tacerle, che, con tutte le precauzioni da lei usate, perché la cornice non si sconnetta, ed il cristallo non si rompa, si è sconnessa l’una in due angoli, e si è rotto l’altro in cento parti: onde la mia effigie è stata stracciata dalla fronte alle labbra. Ma cotesto successo, a dir vero, è tornato bene; poiché ella mi avea ritratto coi capelli nerissimi, folti, lucenti, com’io gli avevo vent’anni addietro, e al presente gli ho grigi e radi.

Però oggi farò riconnettere la cornice, e alla malconcia effigie sottentrare quella fattami a fotografia l’anno passato, la quale dice me uomo, che ha già condotto tre quarti della vita più lunga, e appena desiderabile in questo secolo. Avrei desiderato di ricambiarla con qualche oggetto da scrittoio; ma non sapendo qual de’ tanti le fosse più gradito, ho risolto d’includerle un vaglia di cento lire, da farne quell’uso che le piacerà.

Congratulo con lei delle tante testimonianze di stima, ricevute da uomini ragguardevoli, le quali tornano di grandissimo conforto a tutti coloro, i quali, senza Mecenate, si sono guadagnata una fama onorata. Non si stanchi di amare e di coltivare le arti belle.

Un artista egregio, qual’ella è, ha per patria il mondo universo, e per sinceri ammiratori tutti gli uomini, d’ogni ragione. Ella si onora di chiamarsi Tricasino; ed io mi pregio di salutarla mio conterraneo. Mi faccia diventar buono a qualche cosa, e gradisca il mio ossequio sincerissimo.

Dev.mo servitore ed amico Vingenzo Ingletti (1880)”.

Giuseppe Pisanelli, invece, gli scriveva:

“Pregiatissimo Signore.

La sua voce rammenta quell’immenso dolore che hanno, per molti anni, degnamente sostenuto i patrioti italiani, e fa testimonianza ad un tempo che molte sofferenze sono rimaste immedicate.

Per Provvidenza, al conforto che viene dalla coscienza di aver adempiuto il proprio dovere, Ella può aggiungere quello dell’arte che sì nobilmente professa. Mi duole ch’Ella abbia pensato ad adoperarla sì faticosamente per me. Io la ringrazio, e le invio £. 100 (corretto da Summonte a 200) come tenue segno della mia riconoscenza. Spero che mi porga occasione opportuna per giovarle e lo farò di tutto cuore”.

Devot.mo Giuseppe Pisanelli (s.d.)

 

NOTE

1)    Sulla biblioteca “F. Piccinno” di Maglie si consiglia il lavoro di attività integrative svolto dagli alunni della 3^ A ( Anno Scolastico 1988 -’89, coordinatore il prof. Emilio Panarese) della Scuola Media Statale “O. De Donno” – Maglie, dal seguente titolo: Una ricerca nella Scuola dell’obbligo (Visita alla “Biblioteca Piccinno” di Maglie), Maglie, Erreci Edizioni,1990.

2)    A questo proposito cfr.: Un Canto sulla marina della Serra ed un breve cenno monografico di Tricase. Ricordo ai gentili Tricasini, (per il fu Arciprete Summonte suo nipote Francesco Monastero Summonte), Maglie, Tipografia del Popolo, 1894, p.49.

3)    Cfr.: DE GIORGI, Cosimo, La Provincia di Lecce – Bozzetti di viaggio, Voll.1 -2 , Galatina, Congedo Editore, 1975, Vol. 1, p.167.

4)    Cfr.: COPPOLA, Salvatore, Leghe contadine del basso Salento agli inizi del secolo e “Memoriale” di Pietro Refolo, Lecce, Edizioni Salento Domani, 1977.

5)    Cfr.: DE DONNO, Nicola G., “Francesco Monastero Summonte, “La Pialla” e le Società di Mutuo Soccorso, in “Studi di Storia e Cultura salentina”, pubblicazione a cura della Sezione di Maglie della Società di Storia Patria per la Puglia, Maglie, 1978, pp.267 – 334. Le lettere citate sono a pag. 271, quella di Vincenzo Ingletti e a pag. 276 quella di Giuseppe Pisanelli.


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