I menhir di Arigliano: Spirito Santo e del Foggiaro
Può un qualcosa essere testimone di 7000 anni di vita? Una pietra infitta nel terreno, muta, silenziosa, fiera nella sua semplicità .. si; una pietra, l’elemento forse più banale, più scontato, più indifferente e freddo può farlo, lo fa ancora oggi.
“Il professor Giovanni Cosi ha scoperto un menhir presso l’abitato di Arigliano, adiacente alla cappelletta dello Spirito Santo. Il monolite, di calcare compatto, misura circa m 1,90 di altezza e, nelle facce, cm 60 x cm 50. Queste misure sono rare nei 100 menhir che si conoscono nel Salento, se si considera che il plurisecolare monumento deve essere un troncone di quello che fu in origine. Il menhir o “pietra alta”, scoperto dal professor Cosi, deve essere tra i più antichi che si conoscono per le condizioni degli spigoli smussati e per le erosioni del tempo. Come qualche altro esemplare, questo ebbe una lastra sovrapposta che serviva da base per la croce che veniva issata quando questi monumenti furono trasferiti al culto del cristianesimo. Ne fa fede la parte culminante che servì da perno alla lastra ora mancante.”
La gazzetta del Mezzogiorno, 16 febbraio 1964
Arigliano è una piccola frazione di Gagliano del Capo. (Il suo nome infatti deriverebbe dal latino ager Galiani). Seppur piccolo, il paese è formato da 5 contrade: Petrose, Orto delle Mennele, Via della Chiesa, Largo del Foggiaro e contrada dello Spirito Santo (chiamata in passato via de sutta).
Proprio qui, nel 1963, il professore Giovanni Cosi notò, per la prima volta, accanto alla Cappella dello Spirito Santo, l’omonimo menhir. La notizia uscita su “La Gazzetta” ebbe un’immediata risonanza nazionale: il 17 febbraio, il “Corriere della Sera”, il “Messaggero”, “La Nazione”, “Roma”, “la Voce Repubblicana” e molti altri quotidiani scrissero dell’importante ritrovamento.
Ma ad Arigliano, il menhir dello Spirito Santo non è l’unica traccia della presenza umana in epoca preistorica; a poca distanza, quasi a tracciare una linea invisibile tra due punti che demarcano un territorio, troviamo il menhir Vasanti o del Largo del Foggiaro
“E’ un blocco di pietra tenera saldamente piantato, sulla cui facciata anteriore è ben visibile una croce greca ricavata a colpi di accetta. Dimensioni: altezza m 1.30; larghezza delle facce adiacenti m 0,45 x 0,26. Orientazione della faccia più larga nord 25° est. Altitudine m 140 sul livello del mare. Visitai e fotografai questo pezzo l’8 giugno 1951.”
Inventario delle Pietrefitte salentine, G. Palumbo
23 anni dopo, Paolo Malagrino aggiunge:
“E’ stato circondato alla base da un basso recinto in pietra per evitargli incidenti tipo quello che gli occorse anni addietro quando venne atterrato incidentalmente dall’urto di un camion”
Dolmen e menhir di Puglia
Nel 1974, infatti, a causa di un urto con un camion, il menhir andò in frantumi. Il professore Cosi, dopo aver comunicato il fatto alla Soprintendenza alla Antichità della Puglia, custodì i pezzi nel proprio giardino fin quando non fu restaurato e riposto nel suo luogo originale. Diverse richieste si susseguirono al Comune perché si preoccupasse di recintarlo e proteggerlo da altri possibili distrazioni umane. Purtroppo la dilagante insensibilità nei confronti di simili pezzi di memoria, ha fatto passare ben 22 anni, prima che si potesse realizzare il recinto di carparo che oggi lo protegge dal 4 settembre 2006, grazie all’Amministrazione comunale retta dal dott. Antonio Buccarello.
Ai passanti più distratti può dar l’aria di essere un semplice blocco di pietra, alto, squadrato, spoglio..piantato lì per chissà quale motivo..ma il passante più attento, più curioso..si domanderà perché su quel blocco siano state incise delle croci greche, o sia stato aggiunto un perno su cui un tempo era stata infissa una croce, o, ancora, perché siano stati abbelliti con affreschi bizantini..
.. “le pietre raccontano” si sente spesso dire da queste parti..le pietre, ossimori, anelli di congiunzione tra paganesimo e cristianesimo, opposti ma qui eternamente uniti su di un palinsesto di segni indelebili.
I devoti al culto pagano sopravvivevano ancora nel VI secolo, fin quando nel 567, il Concilio di Tours proibì loro l’ingresso in Chiesa e, quasi un anno dopo, nel 658, il Concilio di Nantes ordinò di abbattere tutti i simboli pagani, sotterrandoli o convertendoli al cristianesimo tramite incisione di croci, o costruendoci accanto edicole votive o a volte addirittura inglobandoli nelle loro murature, facendoli del tutto scomparire…
… chissà se da qualche parte, ancora, qualcuno di essi giace in attesa di essere riportato alla luce.. per “parlare”, per ricordare di quando, in un tempo ormai remoto, si ergevano dal suolo isolati come guardiani della sepoltura – quasi a voler trattenere gli elementi psichici dell’essere umano dopo la morte corporea – … o, forse, come grandi santuari all’aperto, nella natura intatta.
Sandra Sammali
BIBLIOGRAFIA
G. COSI, Arigliano, Ricordi di un paese, tipografia Carletta, Gagliano del Capo, 2010
G. PALUMBO, Inventario delle Pietrefitte salentine, Spinelli Editore, Firenze, 1955
P. MALAGRINO’, Dolmen e Menhir di Puglia, Schena Editore, Fasano, 1978