Un villaggio bizantino in località Scorpo (Supersano)
Non è il solo, e probabilmente non sarà nemmeno l’ultimo villaggio bizantino riesumato dalla rossa terra del Salento. Siamo in località Scorpo (Supersano), ad una manciata di passi dall’omonima masseria in un fondo conosciuto come Lago di Sombrino, un toponimo non più impiegato dai tempi dell’unità ma che designava un’ampia zona palustre ai piedi della Serra di Sant’Eleuterio, non distante dal casale medioevale di Sombrino.
Il villaggio venne scoperto nel 1999 su segnalazione di Salvatore Matteo del Museo della ceramica di Cutrofiano e, successivamente, indagato da quattro campagne di scavo che si sono susseguite nel 1999, 2004, 2007 e 2012.
L’area di insistenza del villaggio sembra essere piuttosto ampia. Inizialmente identificata a ridosso della zona industriale di Supersano, nelle immediate vicinanze di due canali di bonifica, si estenderebbe fino a raggiungere l’area della vicina masseria. Ad eccezione di pochi ritrovamenti risalenti all’età del bronzo e al paleolitico superiore, la frequentazione umana dell’intero complesso è collocabile a cavallo tra il VII e il VIII secolo d.C., quando il Salento divenne un estensione dell’impero Bizantino.
I danni arrecati dai mezzi meccanici a ciò che resta di questo antico villaggio sono piuttosto evidenti, ma ciò non è bastato a sedare il continuo interesse e stupore degli archeologici durante le diverse fasi di scavo. Ciò che è venuto alla luce, ispezione dopo ispezione, sono i segni della vita di un tempo: resti di carbone dai focolari, brocche per la raccolta dell’acqua, sementi e coltivazioni, pascoli e abitazioni.
Oltre a resti di murature e segni evidenti di fenomeni di crollo, sono state rinvenute alcune fosse molto probabilmente riferibili ad una forma architetturale in “voga” nell’Europa centro-settentrionale, con alcune eccezioni anche nell’area del mediterraneo e del nord Italia, i Grubenhauser: una struttura realizzata in legno e pietra, costruita su una fossa separata da un’intercapedine dal piano di calpestio dell’ambiente sovrastante. Le fosse sarebbero state, infatti, mantenute vuote per molto tempo senza apparente crescita di vegetazione. La presenza di alcuni stati limosi, inoltre, indicherebbe che abbiano contenuto acqua per periodi non continuativi. I terreni di riempimento, fortemente organici con strati di legni combusti e manufatti di varia natura, hanno restituito alcune indicazioni su quelli che furono i materiale utilizzati per la realizzazione dell’abitazione.
Come affermano Arthur, Fiorentino e Leo Imperiale “le capanne di Supersano erano realizzate con una struttura portante in quercia rinforzata da una zoccolatura in blocchetti di pietra informi, un’intelaiatura composta da incannucciata rivestita di argilla, e tetti ricoperti di erica.”
Quella delle capanne a fosse è un ritrovamento del tutto insolito nell’Italia meridionale, e comunque raro nel contesto nazionale. Il primo ritrovamento tricolore è dovuto a Gian Pietro Brogiolo, negli scavi dell’attuale complesso museale di Santa Giulia di Brescia, patrimonio dell’Unesco dal 2011.
Ma le scoperte non si sono fermate qui.
Nella porzione nord-ovest dello scavo, scampata all’azione distruttiva dei mezzi agricoli, sono stati identificati diversi resti ceramici di età bizantina, un tratto di muro a secco, probabilmente appartenente ad una recinzione, lungo circa 7 metri e spesso 1, un’area caratterizzata da un fenomeno di crollo (estesa per circa 13 m²) dovuta probabilmente al collasso della suddetta struttura muraria verso l’esterno, ed un pozzo profondo 4 metri e mezzo, parzialmente coperto da una lastra calcarea con segni di scorrimento delle funi usate per la raccolta dell’acqua. Quest’ultimo è “realizzato per due terzi con un’attenta giustapposizione di conci di diversa misura messi in opera senza l’ausilio di legante, mentre la parte bassa della cavità non è stata rivestita in alcun modo, lasciando a vista l’escavazione praticata nel sedimento calcareo” [Arthur, Fiorentino, Leo Imperiale].
Nel pozzo sono state rinvenute anfore, brocche ed una gran quantità di resti archeobotanici, in parte riferibili ad oggetti lavorati, come un punteruolo per la semina ed una coppa in legno di quercia, un’asta ricurva in legno di pero.
Dai residui lignei è stato possibile ricostruire parzialmente le caratteristiche ambientali dell’area, interessata dalla presenza di un bosco misto con ampie aree dedite al pascolo (dati i numerosi resti ossei di animali da allevamento rinvenuti)
Sono stati inoltre rinvenuti “frammenti di spine di Rosacee, frammenti di lamine fogliari e frammenti lignei pertinenti a probabili potature di vite, apparati radicali e rami di altre essenze arboree, resti di semi/frutti pertinenti ad alberi da frutto ad uso alimentare (noccioli di diverse prunoidee ed olivo), alcune leguminose dei campi coltivati (erba medica) ed a diretto uso alimentare (forse lenticchia e veccia), alcune graminacee” [Arthur, Fiorentino, Leo Imperiale].
L’elemento vegetale predominante è rappresentato dalla vite, di origine egea, riscontrata in migliaia di vinaccioli e frammenti lignei.
Altre piccole tracce di passato che riemergono dall’oblio.
Marco Piccinni
BIBLIOGRAFIA:
Paul Arthur, Girolamo Fiorentino, Marco Leo Imperiale – L’insediamento in loc. Scorpo (Supersano, Le) nel VII-VIII secolo. La scoperta di una pesaggio di età altomedioevale – Archeologia Medievale XXXV, 2008, pp. 365-380