Dall’Unico Biotopo-Bosco di Tricase a Torre Sasso
“Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà”. Così si esprimeva Bernardo di Chiaravalle sugli insegnamenti professati dalla complessità e dalla perfezione della natura, la stessa impeccabilità dalla quale Newton ha attinto le leggi immutabili della fisica e che molti hanno cercato poi di “rubare”. Come recita l’epitaffio della tomba di Raffaello Sanzio “Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era in vita di essere vinta; ma ora che è morto teme di morire”.
Con questo spirito di riqualificazione e riscoperta degli atavici valori che i nostri avi hanno appreso dalla sperimentazione empirica, vivendo completamente immersi nella natura giorno e notte, è stato istituito il bosco di Tricase “Unico Biotopo – bosco di Tricase” all’interno del quale la protagonista indiscussa è la Quercia Vallonea.
Il progetto, realizzato con un intervento co-finanziato dal POR Puglia 2000-2006 Mis. 1.6 (Unione Europea – Regione Puglia e comune di Tricase), ha consentito, inoltre, di effettuare il censimento e la classificazione delle piante di Quercia Vallonea adulte. Lo studio ha permesso di contare 6224 esemplari sparsi su tutto il territorio tricasino (per un estensione totale di 4260 ettari) con una concentrazione maggiore nell’area compresa tra la Serra del Mito, Tricase Porto e Marina Serra, confermando le esigenze ecologiche e pedologiche della specie, ma anche quelle antropiche, dato che le creste delle serre ed i terreni impervi digradanti verso il mare, meno adatti ad altri tipi di colture, venivano valorizzati proprio con la diffusione di questa pianta, inserita nel libro rosso delle specie da proteggere e preservare. Kahlil Gibran, in Sabbia e spuma (1926) scriveva “Se un albero scrivesse l’autobiografia, non sarebbe diversa dalla storia di un popolo”, un aforisma che ben si addice alla Quercia Vallonea, importata dai Balcani secoli fa e “sfruttata” a fini economici per una, all’epoca fruttuosa, attività di concia delle pelli che conferì onore e vanto ai Tricasini in lungo e in largo per l’Europa. Eppure fonti bibliografiche del 1933 annunciavano il declino di questa specie, arrivando a contare solo poche centinaia di esemplari nel territorio salentino, segno che la moltiplicazione spontanea della pianta associata alle condizioni ottimali che questa terra offre è stata molto più forte e resistente dell’impegno profuso dall’uomo in incendi ed alterazioni edafiche.
L’Unico biotopo – bosco di Tricase è inserito a pieno titolo nel contesto del Parco Costa Otranto-S.M. di Leuca e bosco di Tricase, incastonato in una splendida cornice che include diversi imponenti tratturi e contrade rurali da togliere il fiato.
Basta infatti lasciare alle proprie spalle il biotopo e dirigersi verso Tricase Porto, raggiunto un bivio proseguire lungo la direzione sterrata. Qui sembra quasi che la civiltà industriale lasci gradualmente spazio a quella rurale. Bovini e ovini che pascolano in piena libertà e che al minimo rumore si voltano nella tua direzione per poter osservare la “novità” che disturba la routine.
Proseguendo presso gli antichi tratturi si raggiunge rapidamente una zona denominata “le sette pajare”, in località Magnuni, caratterizzata dalla presenza di differenti pajare, alcune dirute, che si alternano ad ampi spazi, probabilmente destinati alla pastorizia, e ad alberi di ulivo. Tra queste terre, spesso trascurate o incolte, in primavera un’esplosione di orchidee selvatiche arricchisce con la propria semplicità e bellezza questo povero paesaggio.
Ma il nostro viaggio all’interno della zona di pertinenza del parco non finisce qui. Continuiamo il nostro vagare sugli stessi tratturi che ci hanno condotto alle sette pajare in direzione della serra del Mito. Man mano che ci si avvicina l’ampiezza dei tratturi aumenta a dismisura fino a raggiungere le dimensioni di una comoda strada a due corse dai guard-rail decisamente originali, economici e pienamente rispettosi dell’ambiente.
Ad un certo punto il tratturo torna a restringersi, si scorgono alcune delle strutture in ferro del parco che indicano la presenza di chirotteri e di fauna e flora tipica. È segno che siamo giunti nell’antica contrada del Mito, dove è li ad aspettarci Torre Sasso, una torre di vedetta ciquencentesca, un pezzo d’elite della scacchiera di Carlo V. E’ quasi completamente diruta ma non vuole saperne di lasciarsi andare. E’ ancora lì, intenta a portare a termine il compito per il quale venne edificata, a 116 metri sul livello del mare, in attesa un valido recupero da parte dell’amministrazione comunale di Tricase che speriamo non tardi ad arrivare. Cosimo de Giorgi nel suo Provincia di Lecce così scriveva “Dietro le case la collina verdeggiante, e più in fonda la torre del Sasso, piantata come un nido di avvoltoj in cima ad un irto scoglio, e mezzo smantellate dalle ingiurie del tempo non da quelle degli uomini”.
Lasciamo alla nostra sinistra il rudere della torre e dirigiamoci verso l’antica mulattiera che conduce verso il mare, un piccolo angolo di Salento ancora intatto. Godiamone appieno.
Marco Piccinni