La basilica di San Salvatore, Sanarica
Senereca, XI secolo. In un piccolo cantiere prende forma, mattone dopo mattone, una chiesa, una basilica. Tutti i conci utilizzati sono cavati ad hoc per la costruzione di questo edificio religioso che ben presto sarà officiato con il rito greco-bizantino. Al suo interno si stende già uno strato di intonaco sul quale apporre il colore. Le pareti prenderanno vita con le scene di testimoni e santi che hanno fatto la storia e la cultura di una nuova religione, fondata in nome di un uomo, un dio, da coloro che furono i suoi seguaci.
Sanarica, XXI secolo. Varchiamo la soglia della basilica di San Salvatore.
“1000 anni e non li dimostra”, cosa pensare altrimenti di questo posto che meglio di altri sembra essere sopravvissuto quasi indenne alla noncuranza dell’uomo e all’inclemenza del tempo. Realizzata su un impianto a tre navate con tre absidi, questo piccolo luogo di culto ospita ancora al suo interno ottimi resti del ciclo pittorico che un millennio prima venne redatto su queste pareti con la tecnica dell’affresco. Rifacimenti e aggiunte nei secoli successivi, hanno contribuito a consegnarci un piccolo scrigno di tesori, una linea cronologica della forma, del pensiero e dello stile artistico che ha contrassegnato questo lembo di terra al confine di tutti gli imperi che qui vi hanno imposto la propria autorità.
Sulla navata centrale alcune delle 12 scene sopravvissute del ciclo cristologico, non equamente ripartite negli spazi. Si riconoscono immediatamente la Crocefissione, l’Anàstasi, la lavanda del Cristo. Una rappresentazione frammentata del dodekaorton in contrapposizione con la nitidezza di altri campioni di affreschi, come un Cristo dal nimbo crucigero benedicente alla greca e reggente un cartiglio che recita in greco “Io sono la luce del mondo”, oppure alcuni santi monaci affrescati nei sottoarchi dei quali non è possibile stabilire l’identità ma che rimandano ad un uso monastico dell’edificio (come dimostrerebbe anche la scomposizione e la ricollocazione di alcuni cocci affrescati sulla parete meridionale, un fenomeno accertato anche all’interno dell’abbazia di Cerrate).
Ci spostiamo nell’abside centrale dove una bellissima immagine della Trasfigurazione, all’interno di una mandorla, ci riporta alla fine del ‘300 e gli inizi del ‘400. Sormonta una bifora, ora ostruita, e ai lati le figure di Mosè ed Elia, ognuno con relativa iscrizione esegetica in greco, che rievocano letteralmente la scena descritta nella Bibbia.
Una raffigurazione di San Giuseppe da Copertino nell’atto del volo, di un Santo Eligio(?) e di un San Nicola(?) benedicente alla latina, completano con elementi settecenteschi il ciclo di interventi pittorici.
La presenza di una cavità sotto la chiesa farebbe pensare ad una cripta di tipo sepolcrale, attività perseguita in un secondo ambiente di questo edificio fino alla metà del secolo scorso. La famiglia Basurto ha utilizzato questo vano come cappella cimiteriale privata, come attestano ancora i nomi sulle lapidi degli inumati.
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Marco Piccinni