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“Comi? Io lo conoscevo bene…”

LUCUGNANO (Le) – Fu un funerale povero quello del poeta salentino Girolamo Comi (Casamassella, 1890), il 4 aprile 1968 a Lucugnano.

La chiesa era a due passi, il corteo uscì dal grande portone del palazzo che si affaccia sulla piazza principale del paese e che era stata la sua dimora per 70 anni, attraversò la via principale che a sud porta a Leuca e a nord a Maglie-Lecce e imboccò il vicolo di fronte.

Lo percorse tutto e sboccò nella piazzetta dove oggi c’è un piccolo centro commerciale, quindi risalì verso la fontana e fece tutta la via dove c’è la cappella della Madonna Addolorata.

La salma di “Momo” fu inumata nella cappella dei Coppola, il barone-poeta era molto amico dell’avvocato, era uno di casa a Palazzo Comi.

I Cazzato erano la famiglia dell’autista che abitava al piano di sotto. Antonio “Monucu” detta Ucciu era figlio di Francesco (‘Nciccu), che era stato il capo dei suoi “fattori”. Il barone lo prese a Palazzo che aveva appena 6 anni. La moglie si chiama Assunta Crisostomo, in arte “Cris”, una pittrice molto nota che ha girato il mondo (ha appena festeggiato gli 80 anni). Avevano tre figli: Giuliana era la più grande (oggi fa la psicoterapeuta), un altro lo aveva chiamo Momo (Girolamo) in omaggio al barone.

Nei loro ricordi riaffiorano interfacce inedite del Comi uomo e letterato, la sua vita quotidiana.

Casa Comi a Lucugnano

Il poeta fece studiare Antonio, che fu assunto all’Acquedotto Pugliese, poiché Comi era buon amico del presidente, Benedetto Leuzzi. Andò a lavorare in Basilicata, a Policoro, poi si demansionò per tornare a casa, a Tricase.

L’autore di “Spirito d’Armonia” era credente? Madre e figlia hanno qualche dubbio.

“Ricordo – dice Cris – che la mattina cantavo e lui si affacciava dal balcone del piano di sopra e suonava il flauto accompagnandomi…”.

Il canto era una passione in casa Cazzato: Giuliana ha fatto anche il Conservatorio, aveva davanti una magnifica carriera (la chiamavano la nuova Callas, di lei la critica diceva: “E’ una voce mai nata!”), ma era timida, il pubblico la bloccava. Peccato!

Che macchina aveva il poeta? “Prima un’Ardea, poi una Giulietta – ricorda Giuliana – vinceva molti premi letterari in giro per l’Italia e mio padre lo portava a ritirarli”.

Comi parlava correntemente inglese e francese.

Gli ultimi anni di vita furono molto sofferti, amari. Come li visse? “Ricordo che a mio padre spesso diceva: Uccio, non ci riconosce più nessuno…, operai e servitù lo avevano abbandonato”.

Passò allettato gli ultimi 3 anni della sua vita, aveva frequenti stati depressivi, era malato di cirrosi epatica.

E donna Ernestina (Tina) Lambrini (1901-1982), la fedele governante venuta dal Po diventata la seconda moglie? “Era una donna molto bella (in foto) e fine, aveva bei capelli lisci… Lo chiamava Signor Barone… Non lo urtava di niente, non lo contraddiceva mai… Mi raccontava della sua infanzia… A Natale ci regalava il panettone Motta e a Pasqua la colomba… Mio padre la portava dal parrucchiere, a fare spese, alle feste…”.

Ernestina Lambrini

Francesco Greco


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