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“Bianco d’Alessano” story

ALESSANO (Le) – Detto “asprigno” per il gusto intenso, tannico, ma anche “ritardatario” (matura nel cuore dell’autunno), il Bianco d’Alessano vive il suo anno zero, ma intende modulare il suo futuro con la passione che accende.

Dopo il ritorno a casa (Alessano), lo scorso inverno (dalla Valle d’Itria), delle prospettive del cultivar (nuovi impianti, commercializzazione, marketing territoriale, etc.) si è discusso intensamente in un convegno ideato dall’ing. Giacomo De Vito (con Comune, Pro-Loco e Gal Capo di Leuca) che si è svolto nella location di Palazzo Legari, nel cuore del centro antico, con successiva degustazione e concerto del gruppo locale “Cantiere Popolare from Ionica Aranea”.

E dunque, si sono apprese molte cose della sua lunga e affascinante storia. Che il vitigno (a bacca bianca) è molto resistente, sopporta bene le basse temperature e persino il gelo. Che a “Sargirò” (agro di Montesardo sulla via per Novaglie), tre migranti hanno messo su una piccola cooperativa che coltiva una vigna di “Bianco d’Alessano”.

E ancora: vigne di “Bianco” sono presenti in Australia (gli emigranti del ‘900 che andavano verso le Americhe, nelle valigie di cartone, accanto a conserve, vino e olio portavano anche qualche barbatella).

Lo si può trovare nella carta dei vini dei migliori ristoranti di Roma, Zurigo e altre città italiane ed europee. “Nel 2003 ero con i miei genitori a Milano, un ristorante sui Navigli – ricorda Sergio Torsello, che lavora in Kazakistan – quando mi accorsi che il vino bianco che stavamo bevendo, del Trentino, era tagliato col bianco d’Alessano. Non capivo, mi sentivo smarrito, in crisi. Sapevo che al mio paese, Alessano, c’era una produzione di vini, mio nonno mi portava alla vendemmia, ma non dell’esistenza di un vino che portava il suo nome. Provai quasi vergogna per me stesso. Molti libri sulla storia del paese tralasciano questo fatto…”.

Aggiunge il prof. Antonio Negro: “Anni fa eravamo a Locorotondo per un convegno che si svolgeva in una cantina. Scoprimmo che vendevano il Bianco, così ne comprammo un pò. La cassiera ci disse: Vedo che vi piace il Bianco. Spiegammo che venivamo proprio da Alessano e lei sorrise sorpresa: E lo comprate qua? Dicemmo che non avevamo più le vigne e lei ribattè: Siete dei bei vagabondi! Come passate tutto il giorno, a chiacchiere?”.

Entrando nel merito, il responsabile del Gal Fabrizio Arbace si è soffermato sulle linee di finanziamento previste per i nuovi impianti, che potrebbero riqualificare un territorio devastato dalla xylella e sull’importanza del marketing per attivare in circuito virtuoso.

Mentre il sommelier Francesco Calsolaro (enoteca “Gustodivino” in piazza don Tonino Bello) ha parlato di “agricoltura eroica” per i “Bianco” (praticata in condizioni ambientali difficili a causa anche di un’esigua escursione termica), confessato il suo imbarazzo quando i turisti chiedono un vino locale. E sollevato la questione dei corsi da sommelier che il territorio, ha precisato il prof., Antonio Sergi, chiede insistentemente: oggi si tengono a Lecce, mentre sarebbe utile una delegazione del Capo di Leuca.

Sempre in tema delle opportunità offerte dalla riqualificazione del territorio, molto apprezzato l’intervento dell’arch. Cosimo Montinaro, che ha illustrato le articolazioni del suo “Consorzio del grano del Capo di Leuca”, che sinora conta 35 soci, evidenziando il fatto che si tratterà di grano biologico: il protocollo esclude categoricamente l’uso della chimica.

Momento emozionante della serata quando De Vito ha rifatto la storia del “ritorno” (“Avete l’oro in casa e non lo apprezzate?”, gli chiese un collega di Milano). Il “passaggio” nel programma di Antonella Clerici su RaiUno “E’ sempre mezzogiorno”, le piante messe a dimora in loco, ognuna col nome di un personaggio illustre del passato, le immagini in b/n delle osterie di Alessano e Montesardo nell’altro secolo.

E infine la foto dell’innestatore più famoso del territorio: Egidio Negro da Montesardo (in foto), poi ricordato dal figlio Antonio.

La ricchezza del passato, dunque, riletta in un presente problematico e ispido, per abbozzare un futuro possibile. L’asprezza del vitigno trasformata in dolcezza di lavoro, opportunità, sviluppo. Il ritardatario “Bianco d’Alessano” segnerà la ripartenza?

Francesco Greco


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