“Di notte vado a rubare le stelle”, la poesia di Francesca Giordano
Maria Francesca Giordano sollecita il nostro bisogno di poesia con la nuova pubblicazione: “Di notte vado a rubare le stelle”, Edizioni Esperidi, Monteroni di Lecce, 2023, pp. 96, euro 13,00.
Dai primi versi ci accorgiamo che raccontano una fase nuova della vita di Francesca (che vive a Carmiano, Lecce). Manca nel lessico la componente visionaria che conduceva allo smarrimento. Abbandona le parole cupe di chi fluttua in un ingorgo buio che smarrisce e schiaccia. Ha conquistato precise coordinate di tempo e spazio, e tra queste si pone saldamente. Ne è consapevole.
“Lascio pagine di malinconia/…/scopro un mondo che mi viene appresso/ sommessamente con una litania.”
La poesia di Francesca ha piantati i piedi per terra. Dal ritmo, a tratti incalzante e a volte rilassato, leggiamo il bisogno gioioso e pacato di raccontarsi “in viaggio”. Nella convinzione che la poesia non si spiega senza divenire banale, sono le parole di Francesca a raccontare il suo viaggio.
“Di notte vado a rubare le stelle/…/M’inerpico impavida sopra una nuvola/…/Intingo dita bramose e cupide/…/Annovero soste e attese frementi”.
Il ritmo cede e rimonta: “Ogni notte torno a rubare le stelle”. Cade per chiudere. Le stelle sono lucciole, fiaccole, gocce di sole, “perla di luce per chi mi vuol bene”. (Di notte vado a rubare le stelle).
C’è un bel ritmo che invoglia alla vita in “Giorno è giunto, / dal sapore che schiude all’altrove/…/Accessibile si pone il mio giorno/ e incredula mi dipingo in viaggio.” (Al chiarire).
Il suo viaggio sembra una ricerca per dare un senso alle cose del mondo, ai sentimenti e alle emozioni. Anche alla vita.
Ricerca seppure esaltante e incerta. La fatica produce un pensiero che “scalpita” e “deraglia”. (Una soluzione). “Mi sgretolo…/ nel dubbio domani che viene”. (In picchiata).
“Ci sono giorni in cui io fuggo/ dalla graticola che mi consuma” (Prigione).
Sembra passato il tempo in cui il silenzio paralizzava Francesca nel limbo di un nulla senza orizzonti. Ha trovato nella parola la chiave che guida la sua ricerca.
“Di arrivi e di partenze/ è fatto il cuore”. Tra un arrivo e una partenza, ecco, la parola è sostanza, suono, linfa. Dà voce al vento che “geme e rantola” e “ha il sapore del sale lasciato/ nelle notti di stridulo pianto”. (Di lacrime e speranze).
La porta lo scirocco che “s’appiccica alla pelle…/ s’appunta alla carne come uno spillo”. (Alla soglia dell’Autunno).
Illumina i ricordi che sono “gemme” lungo i sentieri impervi del suo cammino (Fremiti).
La parola è esortazione alla vita. Anelito. Al poeta Francesca raccomanda che ogni parola sia sostegno di un ritmo, cadenza, canto di trame di vita (Che sia vita). “Voglia di cieli …/ mare… / parola limpida e vera”.
È parola d’amore. Sono deliziosi canti d’amore “Sei uomo” e “Sarò grano”. Ed è senza parole il sogno dell’amore folle che non ha bisogno di altro per esprimersi (Senza parole). “Legami” ha il tono pacato e sicuro del sentimento che lega a un compagno di vita. La ricerca è attività in progress e chiede tempo.
La sabbia fine che passa attraverso la clessidra ne accresce il valore. Mai sprecare il tempo. Non permettere che la negligenza lasci “il tempo in malora”. (Sul tempo che scorre).
Ecco l’attesa.
Il pensiero dell’attesa scandisce anche il trascorrere della vita. “La notte sembra giungere svelta”. “Ho atteso attimi dentro uno sguardo. / Ho atteso giorni dietro un commento, / ho atteso anni per un sorriso”.
Il tempo dell’attesa è misurato dall’incontro con l’altro, nello sguardo, nelle parole, nei sorrisi. (In attesa).
Ma non è più il tempo di attendere. Francesca sembra giunta alla convinzione che sarà la parola poetica la soluzione dell’enigma.
Qual è il senso della vita? Dov’è?
“La parola poetica” può essere la chiave per “abbracciare l’animo/ che possa lenire il dolore”.
Pare giunta una conquista.
Ma, come tutte le conquiste della vita, anche quella delle parole “giuste “non può essere definitiva.
“Perlustro le ore, / cerco”. È ormai chiaro che Francesca non può dare alla sua ricerca che soluzioni temporanee. (Tregua).
In “All’ombra del blu” siamo nel tentativo pacato di soluzione, certamente complesso, non so quanto provvisorio. Si compiace di avvolgersi nel conforto di un “universo profondo e remoto”.
Eppure, l’eco di voci che “tagliano gli abissi” è quello del pianto di chi non vedrà l’approdo, delle anime schiave nel buio. “Di notte sul mare io non ho parole”.
La fatica di vivere ancora incontra il suo confine in un muro bianco, senza parole. Ma è passato il tempo in cui faceva paura.
Questa poesia viene dal bisogno incompiuto di dare un senso a chi siamo e del perché del miracolo della vita. È certo però che è proprio la ricerca della parola poetica, quella giusta, a riempire di significato la sua esistenza. Francesca ha trovato nella vita quotidiana la sua poesia. E la scrive.
Maria Francesca Giordano ha pubblicato la raccolta di versi “Ho parlato ai fiori”, Acustica Edizioni nel 2000. Nel 2020, per Esperidi Edizioni, il romanzo “Profumo di tabacco” e nel 2021 la silloge poetica “Ho abitato la casa del silenzio”.
Tina Aventaggiato