“La poesia di Cosimo Russo? Spalanca l’infinito”: parla la studiosa Anna Ronga
Con una relazione che è un piccolo saggio, dal titolo assai significativo “Metà chiaro, metà in penombra” sull’opera di Cosimo Russo, la studentessa in Lettere Moderne all’Unisalento Anna Ronga (da Ruffano, Lecce) ha incantato la platea al recente convegno di studi “Finis Terrae” tenutosi a Gagliano, suo paese di origine.
Pare averlo letto e metabolizzato benissimo, svelandolo al pubblico con un linguaggio appropriato da critico letterario, che ha messo in luce infiniti aspetti dell’opera contenuta nelle sue tre (per adesso) pubblicazioni.
Ne parliamo con la studiosa in queste settimane impegnata alla tesi sull’Inferno di Dante.
Come e quando ha “incontrato” Cosimo Russo?
“Ho incontrato Cosimo Russo grazie alla rassegna letteraria dell’Unisalento “Letture prossime”. Facendo parte della commissione di valutazione, ho avuto l’opportunità di leggere e presentare l’ultima raccolta del poeta Su canzoni mai cantate lo scorso febbraio”.
Quale aspetto della sua opera l’ha più incuriosita ed emerge con forza?
“Ciò che mi ha colpita, innanzitutto è la musicalità dei suoi versi, un’impressione di bellezza armoniosa, limpida e immediata. Sull’aspetto invece più propriamente contenutistico e tematico, amo molto quando la poesia riflette su sé stessa, sul suo senso e sulla sfida all’ineffabile, come in questi versi: «Le poesie più belle mai le ho scritte / le ho lasciate lievitare nello stupore dello sguardo / custodite nello scrigno del non detto / prigioniere della gabbia amorevole del cuore / orfane di confine e di parole / le ho nutrite di silenzi».
L’incanto profondo del poeta rimane spesso sulla soglia dell’inesprimibile, eppure sa farsi canto.
La poetica di Russo è tutta sospesa su questa ossimorica coesistenza di parola e silenzio, di luce e ombra, procede per antitesi e ricerca una conciliazione degli opposti”.
Possiamo collegarlo alla grande tradizione poetica del Novecento salentino: Comi, Bodini, Verri e qualcun altro, come accennato al seminario del 31 agosto scorso dal prof. Moschini?
“Russo ha senz’altro per riferimento una costellazione di autori che ha letto, amato e trasferito nella sua poesia, rielaborando e declinando questi modelli con la sua originale e personale vena creativa.
Tra questi sicuramente Bodini con la sua inclinazione lunare e il suo indugio (mai bozzettistico) su paesi e paesaggi, Comi per il richiamo a una fusione panica con la natura, ma anche Pagano e Verri.
Sarebbe interessante approfondire i legami tra Russo e i maestri letterari che lo hanno influenzato anche studiando la sua biblioteca personale conservata presso il Centro Studi a lui intitolato.
Spingendoci oltre i ‘conterranei’, ricordiamo che nel suo Inno ai Poeti Russo afferma di amare Neruda, Lorca, i simbolisti francesi e Ungaretti, autore prediletto. Ma di certo guardava anche come minimo a Leopardi, Saba, Montale. Insomma, i suoi riferimenti sono molteplici e tante sono le suggestioni che meritano di essere indagate adeguatamente”.
E si può intravedere anche una declinazione ermetica?
“La poesia sfugge per sua natura a generi ed etichette, non è semplice definire l’opera di Russo che ci presenta una certa varietà di configurazioni stilistiche. In alcune liriche possiamo rintracciare anche una cifra ‘ermetica’ se con questo intendiamo una tendenziale concisione quasi epigrammatica, folgorante e, a volte, anche una contorsione semantica che però non arriva mai all’oscurità del senso, come nella poesia Ricordo: «Nello squarcio / sonnecchiano le ferite, / e non giunge la memoria. / Rifugi, la terra / d’infanzia, / come una pergamena tarlata / da soffi continui». Ciò che è certo è che la poesia di Cosimo Russo è densa, travolgente, carica di suggestioni e risonanze e merita di essere letta, studiata, assimilata, contiene una bellezza che attraversa ogni lettore, scuote corpo e mente, trasfigura il dolore e spalanca l’infinito. Ognuno, incontrando la sua voce e mettendosi in ascolto, può trovare un po’ di sé nelle parole del poeta”.
Francesco Greco