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Il Natale del ’33

Non posso fare a meno di ricordare (è una caratteristica, forse una deformazione professionale di noi bibliotecari che abbiamo la memoria piena di autori e titoli, luoghi di stampa e nomi di editori) in apertura di questa nota un bellissimo romanzo di Mario Pomilio, a me molto caro, Il Natale del 1833 pubblicato nel 1982 e forse sconosciuto alla maggior parte dei miei lettori, che rievoca un episodio della vita del Manzoni, tragico ed indimenticabile. Basandosi su pochi documenti, fra cui l’abbozzo dell’ode incompiuta che dà appunto il titolo al libro, alcune congetture e molti elementi di fantasia, l’autore riesce con grande maestria a restituirci l’atmosfera di casa Manzoni, il peso e il significato di quel triste Natale, che a causa della morte della moglie Enrichetta, lasciò sul suo animo un segno profondo.

Giorgione – Adorazione dei pastori Allendale (Fonte: Wikipedia)

Per Girolamo Comi, di cui qui mi occupo, l’unico Natale divenuto letteratura, attraverso la vena narrativa del suo critico principale e del suo allievo prediletto, voglio dire di Donato Valli, è quello del 1958, così ricostruito in Chiamami Maestro: “Sapevo che il suo sarebbe stato un Natale molto triste; perciò accettai il suo invito. Era per me il primo Natale fuori delle mura della mia casa…La cena di Natale…vide quali commensali intorno al desco del poeta, me e la fedele Tina. Un silenzio metafisico avvolgeva la grande casa…lo scampanio stridente di mezzanotte ci colse assorti in quel silenzio. Ci abbracciammo mestamente sorridenti”. Ma ho la possibilità, in base a ricerche da me effettuate ultimamente, di aggiungere un secondo Natale a questo ipotetico elenco che nient’altro che la nostra curiosità, sempre attiva e forse indiscreta, vorrebbe ben nutrito per trarne, a seconda delle necessità, preziose informazioni o trascurati dettagli capaci di illuminare la vita privata del poeta. E’ chiaro che sono in gioco i suoi sentimenti, i rapporti umani, e tutto quel complesso di intimi equilibri che restano coinvolti dall’emozione che suscita quel giorno particolare. Per chi come lui ha preso la decisione di ritornare a Cristo (è infatti il ’33, secondo la cronologia fissata da Donato Valli, l’anno della sofferta conversione) è tempo di bilanci, di pentimenti e speranze che scuotono un animo già fatalmente provato dalla vita. Indubbiamente ne trarrà linfa l’ispirazione ed è questo che tutto sommato interessa di più a quanti si dedicano allo studio della sua poesia. Dunque due dediche restano a testimonianza di questo Natale che potremmo definire di transizione dal vecchio al nuovo, di riflessione, di riscoperta di se stesso; e sono entrambe rivolte a Sibilla Aleramo, particolarmente vicina, come è noto, a Girolamo Comi. I libri che le contengono appartennero alla scrittrice e sono ora, insieme alle molte carte del suo archivio, presso l’Istituto Gramsci di Roma: l’accesso è facilitato da un bel libro a cura di Marina Zancan e Cristiana Pipitone (Roma, New Print, 2006) intitolato L’Archivio Sibilla Aleramo. Il primo è il Cantico dell’argilla e del sangue finito di stampare, come recita il colophon, il 10 novembre 1933 a Roma in 500 esemplari. Ecco il testo:

“A / Sibilla Aleramo / che sa il dramma / e la fiamma / spirituale dell’argilla e del sangue. / Con vivo spirito di / amicizia”.

Segue la firma e la data“Natale 1933”. Il secondo il Commento a qualche pensiero di Pascal chiuso in tipografia a Tricase presso il Raeli il 20 dicembre 1933 in 200 esemplari fuori commercio. Più sintetico e più tradizionale in questo caso il messaggio d’invio:

“A Sibilla Aleramo / con i più alti e / sinceri auguri”.

Ancora, dopo la firma, la data “Natale 1933”. Per conciliare l’uniformità delle dediche con il diverso luogo di stampa bisognerà ipotizzare uno spostamento da Roma a Lucugnano se non del poeta (che probabilmente “scendeva” nel Salento, come è ancora abitudine di molti, in coincidenza del periodo natalizio) almeno di alcune copie del primo dei due libri e l’invio all’amica dello stesso e dell’altro fresco di stampa fra il 20 ed il 25 dicembre 1933. Un Natale fra i libri insomma, impegnato nelle occupazioni più tradizionali: lo scambio di saluti ed auguri coi parenti e gli amici più cari, il desiderio di far conoscere la più recente attività letteraria e la gioia condivisa della poesia. Un Natale all’insegna della carta stampata, nell’ambiente a lui più congeniale, con la riconquistata pace del cuore, fra le mura di casa. Ci autorizza a liberare l’immaginazione la sua grafia chiara e precisa, dal tratto incisivo, che è presente sui libri: un indizio sicuro di momentaneo benessere e di tranquillità emotiva che ben si accordano al clima natalizio: alla ricerca della serenità, meta agognata, anche se irraggiungibile, di ogni “uomo di buona volontà”.

Alessandro Laporta

Articolo pubblicato su Terra di Leuca, dicembre 2011, consultabile online al seguente link


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