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STORIE. Alessano, “Quando Rubbia entrò nella mia bottega…”

ALESSANO (Le) – “Il tuo lavoro vale più di tre lauree”. Equivale a una laurea honoris causae, sul campo difficile della vita.
Pomeriggio d’estate, nel borgo antico di Alessano, il tempo ha una scansione sensuale, come nella Macondo calcinata di Garcìa-Màrquez.

Tutto è immobile, immerso nella controra calcinata. Antonio Imperato è figlio di contadini, per vivere ha imparato l’arte di lavorare il legno, ma anche di stare al mondo.

Ha trovato il suo Tao e manda avanti la famiglia (moglie e 3 figli). Abita a due passi dalla bottega. Un po’ di studi giusto per sapersela vedere con tutti, manuale di conversazione. Ci teneva tanto, è il suo Aleph: la vita è colma di imprevisti.

Il mondo tace, i rumori sono ovattati: fino alle 16 la pialla elettrica deve tacere per rispettare il riposo del rione. Due ombre indugiano sulla porta. Un uomo e una donna, non più giovani, distinti. Turisti: si vede dallo sguardo curioso.

Maestro Antonio capisce: “Prego, accomodatevi…” dice col sorriso dell’uomo buono che il paese conosce e apprezza.

I due, marito e moglie, sono incuriositi dalla polvere di segatura depositata ovunque: è il sudario del tempo, prima o dopo ricopre anche gli uomini.

Si aggirano nella bottega: guardano le vecchie pialle appese alla rastrelliera, i martelli, gli scalpelli, le “cubbie”, le raspe, le squadre…

Mesciu ‘Ntoni (è imparentato con Monsignor Tonino Bello che qui era nato e la cui madre si chiamava Maria Imperato) racconta la sua vita, spiega come ha cominciato, la durezza del lavoro.
Poi si ricorda della memoria, l’identità e propone un giro per conoscere le bellezze del paese: a quell’ora la pietra di Alessano sfavilla, emana una luce magnetica, energica, che penetra il tempo e l’eternità.

Orgoglioso del suo paese, si improvvisa cicerone: mostra il centro storico, Palazzo Ducale Sangiovanni, Palazzo Romasi, Palazzo Legari, il quartiere ebraico della Giudecca, la chiesa imponente del SS. Salvatore e il Vescovado: un passato di grandezza, di splendore, che affascina e turba la coppia.

E’ ormai pomeriggio inoltrato quando, dopo un caffè in piazza, tornano tutti alla bottega. Sono allora l’uomo alto, robusto, si presenta: “Piacere, Carlo Rubbia”. La moglie è Maria Grazia.

“Me la sono saputa vedere…”, sorride contento.

Carlo Rubbia. Fonte: Wikipedia

Carlo Rubbia. Fonte: Wikipedia

Da due anni combatte contro un male subdolo, un calvario di terapie, chemio e radio.
Per un pomeriggio è stato all’altezza di un premio Nobel per la Fisica (1984) e senatore a vita. Da cui ha ricevuto un apprezzamento inaspettato, che equivale a una medaglia da appuntarsi sul petto: “Il tuo lavoro vale più di tre lauree…”.

L’artigiano ha un rimpianto, lo sguardo si fa triste, la voce si incrina: “Le botteghe stanno chiudendo, lo Stato non ci aiuta a passare l’arte alle nuove generazioni, eppure mio nonno diceva ‘L’artieri no more mai de fame’ (Chi ha un mestiere non morirà di fame).

Vero. L’artigianato, motore antico e vivo dell’economia del paese, che tramite le braccia si tramanda il gusto, la raffinatezza, sta morendo e nessuno ne prende atto.

“Ho proposto alle scuole del paese qualche lezione, gratis, affinché i bambini sappiano almeno come nasce il legno: niente. La vecchia amministrazione comunale mi aveva promesso uno spazio dove esporre tutti i miei vecchi attrezzi: ancora aspetto la risposta… Finirà che li venderò”.

Ogni arte antica è destinata a morire, cresce la scolarizzazione e la disoccupazione: istinti suicidi.

Cartoline dall’Italia dove al Sud sopravvive (vive sarebbe un’enfasi) un povero su due.

I ricordi di una vita di lotta continuano, ma è tempo di andare. E’ tempo di auguri: ce li scambiamo in silenzio: auguriamo al maestro artigiano di vincere anche la lotta che combatte contro il male oscuro.

Fuori il sole inonda i basoli dei vicoli silenziosi di via Oronzo Gabriele Costa e Cesare Raho, la paretaria dondola pigra annusando la nuova stagione. La lotta continua, come la vita. Domani, se campiamo, è un altro giorno, si vedrà…

Francesco Greco


Un commento su “STORIE. Alessano, “Quando Rubbia entrò nella mia bottega…”

  1. Antonio lia ha detto:

    Un nell’articolo su Rubbia. Il professore mi aveva raccontato l’episodio di Alessano e dell’artigiano.

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