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Quando Mogol “cantò” il Ciolo

Aveva spesso delle folgorazioni in cui leggeva una strofa, un refrain delle immortali hit ormai patrimonio immateriale dell’immaginario collettivo italiano Giulio Rapetti, nome d’arte Mogol.

Allora telefonava a Lucio Battisti, che accorreva prontamente. Si vedevano in un bar e il cantante di Poggio Bustone (Rieti) appuntava tutto su un tovagliolo e tornava a casa. La melodia era il passo successivo.

Leggenda metropolitana vuole che così sono nate “Pensieri e parole”, “I giardini di marzo”, “Emozioni”, “Il mio canto libero”, “Acqua azzurra, acqua chiara” e tante altre immortali canzoni.

Un anno fa, agosto 2022, a Gagliano del Capo (Lecce), i musicisti Daniele Vitali (docente al Conservatorio “Tito Schipa” e all’Istituto delle Marcelline di Lecce), Daniele Sergi (scuole medie) e Michele Cortese ebbero una magnifica idea: e se cantassimo le cover di Mogol?

Fu una serata memorabile, Piazza San Rocco, cuore del centro salentino, era stracolma di gente sfatta dai lockdown, ansiosa di ritrovarsi dopo la clausura e di non pensarci. Una compilation di canzoni dell’altro secolo scivolò via nella notte calda, davanti a un pubblico in delirio.

Il celebre paroliere fu ospitato a pranzo nella domus fra ulivi e mare del prof. Donato Profico (chimico), zona “Cisanedde”, costa adriatica, fra il “Ciolo” e Leuca, di fronte alle montagne dell’Albania.

Mogol apprezzò la cucina del territorio e rimase estasiato da tanta bellezza e, da esteta, suggerì al padrone di casa qualche lieve ritocco alla casa per renderla ancora più bella.

Magari quelle sensazioni finiranno in una canzone, l’ennesima, densa di pathos e poesia. Come sempre da mezzo secolo a questa parte. E magari, chissà, Mogol tornerà da quelle parti dove l’arte e la bellezza (Vincenzo Ciardo) e la poesia (Cosimo Russo) si respirano nell’aria per un’altra serata da consegnare agli annali di Terra d’Otranto.

Francesco Greco


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